Stante l'unicità del processo esecutivo, non può ammettersi che uno stesso bene venga espropriato in distinte procedure

di Lucia Izzo - Se uno stesso bene è sottoposto a distinti pignoramenti successivi, e il secondo ha eventualmente portato alla formazione di un ulteriore fascicolo dell'esecuzione, a seguito della necessaria riunione dei due procedimenti non può più parlarsi di distinte procedure esecutive, in quanto l'esecuzione "si svolge in un unico processo".


Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sezione III Civile, nella sentenza 3436/2016 (qui sotto allegata).

Il ricorso origina da una procedura esecutiva per espropriazione immobiliare, promossa sulla base di due distinti pignoramenti aventi ad oggetto il medesimo immobile di proprietà di due fratelli.

Dopo la successiva riunione, il giudice dell'esecuzione, emetteva il decreto di trasferimento in favore dell'aggiudicatario del bene pignorato


Dopo l'aggiudicazione, ma prima dell'emissione del decreto di trasferimento, era stata peraltro disposta la sospensione, ai sensi dell'art. 624 c.p.c., di una sola delle due procedure esecutive (originariamente iscritta al n. 208 dell'anno 1990 del registro esecuzioni), sulla base di una opposizione promossa, ai sensi dell'art. 615 c.p.c., dai due germani.


A seguito dell'aggiudicazione i fratelli avevano proposto opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell'art. 617 c.p.c., avverso il decreto di trasferimento, deducendo che la delega di vendita al notaio che aveva aggiudicato l'immobile era stata espressamente effettuata nell'ambito della procedura iscritta al n. 208 dell'anno 1990, e non in quella iscritta al n. 437 dell'anno 1996.


Pertanto, essendo stata la predetta procedura n. 208/1990 sospesa, il giudice, ai sensi dell'art. 626 c.p.c., non avrebbe potuto adottare alcun atto esecutivo e tanto meno il decreto di trasferimento dell'immobile pignorato.

Il Tribunale di Messina, tuttavia, respinge l'opposizione sull'assunto che la delega al notaio, avvenuta dopo la riunione delle due procedure esecutive, non poteva affatto ritenersi esclusivamente riferita a quella originariamente promossa.


Gli Ermellini rispondono sulla questione affermando che "le disposizioni di cui all'art. 561 c.p.c. prevedono che, laddove venga pignorato un immobile già oggetto di precedente pignoramento, il secondo atto di pignoramento venga direttamente inserito nel fascicolo dell'esecuzione formato in base al primo, senza neanche la formazione di un secondo fascicolo dell'esecuzione".


La stessa Cassazione, in una risalente pronuncia (6549/2015) aveva già ritenuto che  "la riunione in un'unica esecuzione forzata di più pignoramenti sul medesimo immobile, a norma dell'ari. 561 c.p.c., configura effetto direttamente disposto dalla legge, e da attuarsi mediante l'intervento del conservatore immobiliare (annotazione del primo pignoramento nella nota di trascrizione relativa al secondo) e del cancelliere (inserimento dei pignoramento successivo nel fascicolo formato con quello anteriore)".

Nella medesima sentenza, la Corte di legittimità ha disposto che, se per qualsiasi ragione non operi l'indicato automatico meccanismo, spetta al giudice dell'esecuzione di provvedere alla riunione, con atti di natura ordinatoria, che sono espressione del potere generale di direzione del processo esecutivo e non sono qualificabili come atti di esecuzione.


Tali disposizioni, in sostanza, sanciscono il principio generale della unicità del processo esecutivo derivante da pluralità di pignoramenti aventi ad oggetto il medesimo bene, il cui fondamento (logico ancor prima che giuridico) appare evidente, non potendo ammettersi che il medesimo bene venga espropriato in distinte procedure.

Da ciò discende che, laddove il medesimo bene (sia esso un mobile, un immobile o un credito) sia oggetto di distinti pignoramenti successivi, ed il secondo pignoramento abbia eventualmente dato luogo alla formazione di un ulteriore fascicolo dell'esecuzione, a seguito della necessaria riunione dei due procedimenti (rectius: dell'inserimento degli atti relativi al secondo pignoramento nel fascicolo dell'esecuzione formato in base al primo) non può più parlarsi di distinte procedure esecutive, in quanto l'esecuzione "si svolge in un unico processo". 


Nel caso di specie, l'ordinanza di delega alla vendita del giudice dell'esecuzione, in quanto emessa dopo la "riunione" dei due fascicoli formati sulla base dei due distinti pignoramenti, non avrebbe in nessun caso potuto ritenersi riferibile solo ad una delle procedure "riunite", riguardando essa necessariamente, invece, l'unico processo esecutivo nell'ambito del quale erano confluite le diverse azioni esecutive originariamente promosse dai due creditori procedenti mediante distinti pignoramenti e dunque, più precisamente, l'unico bene assoggettato ad espropriazione, in confronto di tutte le parti di quest'unico processo. 


Non a caso del resto, il Tribunale ha sottolineato che il provvedimento di delega non conteneva limitazione alcuna.

Il ricorso è rigettato.

Cass., sez. III civ., sent. sentenza 3436/2016

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