Gli atti di tolleranza del proprietario del bene nei confronti dei parenti: valutazioni ai fini del possesso

Avv. Marcella Ferrari - L'art. 1144 c.c. dispone che gli atti compiuti con l'altrui tolleranza non possano essere valutati ai fini dell'acquisto del possesso. In altri termini, se un soggetto esercita un potere di fatto su di un bene per mera tolleranza del proprietario, la condotta del primo non integra gli estremi del possesso e conseguentemente non vale ai fini del possesso ad usucapionem.

Proprio su questo tema si è recentemente pronunciata la Suprema Corte con la sentenza 13371 del 4 agosto 2015.
Il caso di specie vedeva coinvolta una donna che aveva abitato ininterrottamente per vent'anni nella casa del fratello, unitamente a lui ed alla di lui moglie, provvedendo alle spese di ordinaria e straordinaria manutenzione.

Ella agiva in giudizio per vedere acclarata l'intervenuta usucapione dell'appartamento. Orbene, la Corte di Cassazione ha escluso il possesso ad usucapionem in quanto la parte attrice non ha dimostrato l'uso esclusivo del bene ma semplicemente di averlo utilizzato unitamente alla madre ed al fratello proprietario. Costui non aveva abdicato alla proprietà, anzi ne aveva disposto per testamento, lasciando l'usufrutto alla moglie e la nuda proprietà ad un ente religioso.

Nella pronuncia in commento, i supremi giudici ribadiscono che, in linea generale, l'altrui tolleranza sia inidonea all'acquisto per usucapione.
Gli atti di tolleranza si sostanziano in un comportamento accondiscendente del titolare effettivo il quale, per cortesia, amicizia, buon vicinato, parentela, opportunità, consente ad altri un godimento di modesta portata che incide marginalmente sul suo diritto.

La mera permissio da parte del proprietario, a favore di amici o vicini, esclude qualsivoglia pretesa possessoria sottesa al godimento che questi ultimi ne abbiano tratto. Inoltre, la durata del godimento posto in essere rappresenta un elemento presuntivo da valutare. La semplice tolleranza, infatti, postula transitorietà ed occasionalità, non già un esercizio sistematico e reiterato del potere di fatto sulla cosa[1].
Nondimeno occorre operare un distinguo.

Quanto sin qui affermato vale in relazione a quegli atti di tolleranza che scaturiscono da rapporti di amicizia o buon vicinato che sono per natura labili e mutevoli[2]; per contro, se si tratta di rapporti di parentela la lunga durata non è un elemento presuntivo da valutarsi per escludere la tolleranza.
La vicenda di cui si tratta ne è un esempio lampante, in quanto la sorella, che eccepisce l'acquisto per usucapione, ha vissuto per oltre vent'anni in quell'immobile.

A riprova di ciò, la Suprema Corte ha confermato la sentenza di appello e rigettato il ricorso, ritenendo esclusa l'usucapione dell'immobile da parte della ricorrente per non aver ella dimostrato il possesso esclusivo dell'appartamento uti domina ed essendo ininfluente il godimento ventennale dello stesso stante il rapporto parentale sotteso alla vicenda.

Avv.to Marcella Ferrari - marciferrari@gmail.com
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Note:



[1] In tal senso vedasi Corte Cass., sez. II, 11 febbraio 2009 n. 3404

[2] In senso conforme Corte Cass., sez. II, 20 febbraio 2008, n. 4327


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