Ipotesi in cui un pagamento viene fatto nelle mani di un ex amministratore di una società

Esiste l'esclusiva responsabilità del Sindaco a causa della sua diretta ingerenza amministrativa per aver effettuato pagamenti nelle mani di un ex amministratore della Società e non della società. La posizione della Corte dei Conti nella sentenza n. 289/2015.

La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio, ha emanato la Sentenza n. 289/2015 nei confronti del Sindaco di un Comune, con la quale l'amministratore locale è stato condannato al pagamento a favore dell'Erario e, segnatamente, del suddetto Comune, dell'importo complessivo di euro 85.800.00oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio, a titolo responsabilità amministrativa, per l'illecito pagamento disposto, nell'ambito dei rapporti intercorrenti tra il Comune e una ditta a seguito di fallimento, ed in conseguenza della richiesta dell'Amministratore unico della società al momento in carica, il quale comunicava al Comune, su carta intesta della ditta, che «[...] dalla data odierna, tutti i mandati in favore della ditta […] dovranno essere emessi a favore dello stesso amministratore unico».

La Procura attrice è dell'avviso che il suddetto pagamento per l'importo di cui è causa, è stato disposto dal convenuto Sindaco non nei confronti della ditta risultata aggiudicataria, nel corso dell'ultimo decennio, di numerosi appalti di manutenzione urbana di piccola e media entità, come doveva essere (o meglio del fallimento della ditta), ma direttamente sul conto personale del suo ex amministratore; si tratta, ad avviso dei giudici contabili, di pagamento non solo inefficace nei confronti del fallimento ex art. 44 L. Fall. (il curatore aveva in precedenza intimato al Comune il pagamento del dovuto) ma oltretutto, per quel che qui rileva, privo di causa.

Il pagamento è stato disposto dal Sindaco pro-tempore con apposita determinazione, a cui è seguito l'ordine di servizio al responsabile dell'ufficio di ragioneria del Comune, per cui «sarebbe di tutta evidenza come egli si sia formalmente e sostanzialmente ingerito in ogni fase della descritta procedura di spesa, assumendosi la diretta ed esclusiva responsabilità dell'atto, con conseguente domanda di totale addebito del danno erariale a carico del solo Sindaco pro-tempore».

Il Sindaco convenuto sostiene che al momento della predisposizione degli atti richiamati egli non era in alcun modo a conoscenza della circostanza che l'impresa fosse fallita, non essendo stata portata a sua conoscenza una raccomandata del curatore che informava l'ente locale dell'avvenuto fallimento; fatti che inducono il Sindaco a chiedere che venga respinta la domanda attorea; che il convenuto venga assolto dagli addebiti ascritti e, in via subordinata, si chiede la riduzione della quantificazione del danno.

Per ciò che attiene il punto di diritto, secondo il Collegio «nessun dubbio può sorgere circa la natura di danno erariale corrispondente all'importo delle fatture emesse a suo tempo dalla società a responsabilità limitata […] per prestazioni contrattuali eseguite».

Tale pagamento è stato direttamente effettuato a soggetto non avente titolo, nella persona e sul conto dell'amministratore della società che da tempo non rivestiva più e non avrebbe potuto più rivestire la carica di amministratore della società creditrice, atteso lo stato di fallimento in cui quest'ultima versava ormai da oltre tre anni. Ne consegue l'inidoneità del pagamento a configurare l'adempimento dell'obbligazione contrattuale assunta dal Comune e dovuta alla contraente società per l'esecuzione dei lavori commissionati, derivandosi che il pagamento suddetto «deve considerarsi effettuato "sine titulo" e lascia inalterata l'esposizione debitoria dell'ente nei confronti della curatela fallimentare come in seguito formalmente richiesto da quest'ultima».

Ciò detto il collegio ritiene sussistere nella fattispecie all'esame l'elemento soggettivo della responsabilità amministrativa, nei termini di dolo o, comunque, nei termini di colpa marcatamente grave del convenuto.

Ad avviso dei giudici contabili «la violazione, infatti, della regolarità contabile della fase del pagamento delle fatture in questione, perpetrata di fatto dal Sindaco che lo ha disposto nella sua qualità di responsabile dei lavori pubblici, risulta ancora più grave in quanto collegata alla qualifica dello stesso di pubblico amministratore e vertice dell'ente amministrato e, come tale, supremo garante della regolarità amministrativa e del corretto utilizzo delle pubbliche risorse».

Il Sindaco del Comune interessato ha infranto le regole della regolarità contabile, disponendo personalmente il pagamento delle fatture perpetrato di fatto dal Sindaco medesimo che lo ha determinato nella sua qualità di responsabile dei lavori pubblici; fatto che «risulta ancora più grave in quanto [collegato] alla qualifica dello stesso di pubblico amministratore e vertice dell'ente amministrato e, come tale, supremo garante della regolarità amministrativa e del corretto utilizzo delle pubbliche risorse».

Il Sindaco si è del tutto illegittimamente si è ingerito, sia formalmente che sostanzialmente, nelle fasi della procedura di spesa che fanno capo ai responsabili delle strutture tecniche dell'ente a ciò deputate «assumendosi la diretta ed esclusiva responsabilità del provvedimenti adottati e del comportamento tenuto. Egli ha disposto, quantomeno con estrema e inescusabile leggerezza, un pagamento contrario alle normali procedure e al modello di condotta normativamente previsto, perché ha di fatto impedito, esulando dai propri compiti, le normali procedure di verifica e di riscontro della legittimazione del destinatario del pagamento».

Ad avviso dei giudici contabili si appalesano ininfluenti, al fine di contestare il conforme convincimento del Collegio, quanto sostenuto dalla difesa per sostenere la correttezza del comportamento del Sindaco, circa il fatto che l'ex amministratore della società avesse intimato al riguardo l'amministrazione e che il Sindaco «fosse stato ingannato dalla formale presentazione della richiesta (con l'uso di carta intestata della società volta a simulare la piena legittimità della richiesta stessa), per cui si sarebbe affrettato a disporre il pagamento senza fare i dovuti controlli per onorare gli impegni assunti dal Comune e ritenendo, in buona fede, che il pagamento fosse effettuato alla [società] nella persona del suo amministratore, nonostante che l'ente avesse ricevuto da parte del curatore fallimentare apposita raccomandata con la quale si informava il Comune del fallimento della società pronunciato dal Tribunale di Roma.

Ancora più ingiustificabile e incomprensibile si evidenzia quanto riportato nell'apposito ordine di servizio con il quale si dispone il pagamento e, testualmente, si «[…] ordina all'Ufficio di Ragioneria di predisporre per il pagamento immediato un mandato di euro 85.800,00 in favore dell'amministratore della società interessata avendo anche cura di precisare, nel presumibile intento di superare obbiezioni amministrative degli uffici competenti, che […] tale disposizione scaturisce dalla volontà del sottoscritto, manifestata in forma scritta, esonerando pertanto da ogni eventuale conseguenza che dal suddetto ordine possa scaturire agli uffici compilatori».

Secondo i giudici contabili, invece, «è ragionevole ipotizzare che il convenuto evidentemente è stato mosso dall'intento, non di salvaguardare gli operatori, ma viceversa da quello di sollecitare

gli uffici a provvedere nel senso richiesto fuori dalle normali procedure di controllo, di quali fossero i reali soggetti destinatari del pagamento, verifiche necessarie perché l'adempimento fosse efficacemente liberatorio della esposizione debitoria del Comune, a salvaguardia, perciò, della posizione del Comune e delle risorse pubbliche».

I giudici della Corte dei Conti non dubitano che «la condotta del Sindaco sia in stretta, diretta ed esclusiva relazione con il danno erariale subito dall'ente comunale per il pregiudizio economico conseguente ad un inutile esborso a soggetto non titolare di alcun credito nei confronti dello stesso ente, il che è all'origine dell'azione di responsabilità amministrativa. Le stesse considerazioni portano, peraltro, anche ad escludere che al pregiudizio in questione abbia potuto significativamente concorrere o rivestire un qualche apporto causale l'attività di esecuzione dell'ordine svolta dagli addetti alle strutture organizzative e gestionali del Comune a ciò deputate, ipotizzando che essi abbiano, pur erroneamente, supposto la prioritaria doverosità e/o la legittimità dell'ordine impartito formulato, peraltro, con esonero da responsabilità»; e per questo i suddetti giudici contabili invocano la condanna del Sindaco del Comune interessato, a titolo di responsabilità amministrativa per danno erariale, al pagamento in favore del Comune dell'importo di euro 85.800.00 oltre alla rivalutazione monetaria da calcolare dalla data di effettivo esborso della suddetta somma da parte dello stesso Comune fino alla data di deposito dell'atto di citazione e agli nella misura legale dalla data di deposito della presente sentenza al soddisfo.

Lecce 11 giugno 2015 Prof. Luigino Sergio

già Direttore Generale della Provincia di Lecce


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