Legittima l'azione revocatoria per effetto del dolo di uno dei due coniugi nell'accordo di separazione

di Licia Albertazzi - In sede di separazione dei coniugi - sia essa consensuale o giudiziale - ingannare l'altro coniuge circa la propria reale situazione economica, integra gli estremi per esperire efficacemente azione revocatoria.

L'orientamento della giurisprudenza di legittimità in materia, ribadito in una recente sentenza (Cass. Civ. n. 8096/2015, qui sotto allegata), sostiene infatti che "nella separazione consensuale, così come nel divorzio congiunto, si stipula un accordo, di natura sicuramente negoziale (…) che, frequentemente, per i profili patrimoniali, si configura come un vero e proprio contratto".


Il controllo che il giudice del merito può eseguire, in questo senso, è di tipo esterno, analogamente alla separazione consensuale.

In qualità di accordo, esso è soggetto al regime ordinario di nullità previsto dal codice civile; quindi, ad esempio, per incapacità di una delle parti o, anche, per effetto del dolo di uno dei contraenti.


Nella vicenda decisa dalla Cassazione, con la sentenza sopracitata, l'ex marito aveva ingannato la moglie sulla propria situazione economica, affermando di essere stato costretto a vendere una società controllata divenendone lavoratore dipendente. Nel merito, veniva provato che, in effetti, il coniuge resistente era titolare di un cospicuo patrimonio e godeva di un tenore di vita elevato e che, quindi, le manovre finanziarie poste in essere dallo stesso fossero stratagemmi per distrarre parte del proprio patrimonio in previsione della separazione.

Per la prima sezione civile della S.C., quindi, correttamente il giudice del merito ha individuato in tali atti "i presupposti del dolo processuale revocatorio, ai sensi dell'art. 395 n. 1 c.p.c., che si verificano, appunto, quando venga posta in essere intenzionalmente un'attività fraudolenta consistente in artifici o raggiri, diretti ed idonei a paralizzare o sviare la difesa avversaria e a impedire al giudice l'accertamento della verità, facendo apparire una situazione diversa da quella reale, e così pregiudicando l'esito del procedimento".

Qui di seguito il testo della sentenza.

Vai al testo della sentenza 8096/2015

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