Il consenso di più parti si presume un unicum giuridico inscindibile

La Sesta Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l'Ordinanza n. 1.866 depositata in data 2 febbraio 2015, conferma a distanza di pochi mesi da analogo pronunciamento (1) che "nel caso di preliminare di vendita di un bene oggetto di comproprietà indivisa, si deve ritenere che i promittenti venditori si pongano congiuntamente come un'unica parte contrattuale complessa e che, dunque, le singole manifestazioni di volontà provenienti da ciascuno di essi siano prive di una specifica autonomia e destinate invece a fondersi in un'unica manifestazione negoziale, giacchè si deve presumere che il bene sia stato considerato dalle parti come un unicum giuridico inscindibile". (2)

Da tale postulato, peraltro definito come jus receptum nella giurisprudenza di legittimità, deriva - tra l'altro - che "qualora una di dette manifestazioni manchi o risulti viziata da invalidità originaria o venga caducata per una qualsiasi causa sopravvenuta, si determina una situazione che impedisce non soltanto la prestazione del consenso negoziale della parte complessa alla stipulazione del contratto definitivo, ma anche la possibilità che quella prestazione possa essere sostituita dalla pronuncia giudiziale ai sensi dell'art. 2932 c.c. restando, pertanto, escluso che il promissario acquirente possa conseguire la sentenza ai sensi di detta norma nei confronti di quello (o di quelli) tra i comproprietari promittenti dei quali esista e persista l'efficacia della relativa manifestazione negoziale preliminare".

La Corte, quindi, è ferrea nel suo ragionamento: se il consenso prestato dai promittenti consiste, salvo prova contraria, in una coesione inscindibile di plurime manifestazioni di volontà, ne derivano - fatalmente - due conseguenze:

a) che il vizio o la mancanza di una sua componente impedisce (sia con lo strumento negoziale sia con il surrogato giudiziale ex art. 2932 c.c.) la conclusione del definitivo avente ad oggetto la piena proprietà dell'intero;

b) che il vizio o la mancanza di una sua componente impedisce (sia con lo strumento negoziale sia con il surrogato giudiziale ex art. 2932 c.c.) la conclusione anche del definitivo avente cioè ad oggetto la piena proprietà della quota indivisa

Volgarmente in termini giuridici, ma efficacemente in termini pratici la sintesi è la seguente: o tutto o niente.

Tuttavia, a differenza della precedente pronuncia n. 21.286/2014, la Corte non ha fatto leva sull'ambiguo ed opinabile principio della necessaria corrispondenza tra preliminare e sentenza traslativa.

Avv. Gabriele Mercanti - Foro di Brescia - avv.gabrielemercanti@gmail.com

www.avvocatogabrielemercanti.it

(1) Cfr. Cass. n. 21.286/2014, già oggetto di breve commento - cui mi sia permesso di rinviare - già pubblicato su www.studiocataldi.it in newsletter del 26.01.2015 sotto il titolo "Preliminare di vendita di immobile in comproprietà".

(2) La pronuncia in commento ammette che la presunzione di inscindibilità dei consensi possa essere superata ove - dall'applicazione degli ordinari criteri ermeneutici - risulti una diversa volontà pattizia di suddividere i singoli consensi in autonome componenti.

Testo ordinanza 1866 del 2015

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