Dopo la dichiarazione di incostituzionalità che l'aveva travolta un anno fa, la legge Fini-Giovanardi sulle droghe leggere viene di nuovo messa in discussione dalla Cassazione

Dopo la dichiarazione di incostituzionalità che l'aveva travolta circa un anno fa, la legge Fini-Giovanardi viene di nuovo messa in discussione dalle sezioni unite della Corte di Cassazione, stavolta nell'entità del minimo edittale.

Nel febbraio 2014, la Consulta aveva infatti bocciato la legge 49/2006 (meglio nota come "Fini-Giovanardi", dal nome dei promotori), relativamente alle norme che prevedevano l'equiparazione di droghe leggere e pesanti ai fini sanzionatori. La questione di legittimità costituzionale, sollevata allora dalla terza sezione penale della Corte di Cassazione, si poneva per il presunto contrasto - poi accertato - della legge con l'art. 77 della Costituzione (in materia di conversione dei decreti-legge) dal momento che nella stesura finale del testo di legge erano stati inseriti numerosi emendamenti che nulla avevano a che vedere con l'oggetto del decreto convertito (le Olimpiadi di Torino 2006!).

Pertanto, venuta meno la legittimità di punizioni tanto severe anche per gli spacciatori di derivati della cannabis - reclusione da 6 a 20 anni e multa da 26.000 a 260.000 euro - era tornato a rivivere il regime sanzionatorio posto dalla "antica" legge Iervolino-Vassalli, corrispondente a una forbice compresa fra 2 e 6 anni.

Adesso, con la decisione n. 22621/2015, del 26 febbraio scorso, gli Ermellini contestano l'inadeguatezza anche delle pene detentive minime (6 anni) irrogate nel frattempo sulla base della Fini-Giovanardi nei confronti dei soggetti condannati per spaccio di droghe cosiddette leggere, seppure rientrino nei nuovi limiti edittali.


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