Il dovere di riservatezza dell'avvocato è posto esclusivamente a tutela della sfera privata del cliente o parte assistita e non anche di quella della contropar

di Marina Crisafi - "Il dovere di riservatezza dell'avvocato è posto esclusivamente a tutela della sfera privata del cliente o parte assistita e non anche di quella della controparte". Lo ha deciso il Consiglio Nazionale Forense, con la sentenza n. 84/2014, pubblicata nei giorni scorsi sul sito istituzionale, assolvendo un avvocato toscano dalla sanzione disciplinare dell'avvertimento.

La vicenda vedeva, infatti, il professionista sanzionato dall'ordine di appartenenza perché, in una controversia relativa ad una separazione tra coniugi, aveva inviato una comunicazione "riservata-personale" al fax di studio della controparte, avvocato che si difendeva in proprio, con la conseguenza che i collaboratori e i dipendenti della stessa, avevano potuto prenderne visione.

Il CNF tuttavia accoglie il ricorso dell'avvocato, non ritenendo il suo comportamento deontologicamente scorretto, data l'insussistenza, nel codice deontologico di uno specifico dovere di riservatezza nei confronti della controparte.

Anche volendo ammettere l'esistenza di un simile dovere, come sostenuto dal ricorrente, la circostanza che le comunicazioni fossero state inviate via fax anziché via mail (che peraltro era sempre l'indirizzo dello studio e non già quello personale della collega) non avrebbe, concorda il consiglio, in alcun modo aumentato il rischio di violazione della riservatezza, dato che l'accesso alla corrispondenza sarebbe stato presumibilmente consentito comunque a tutti i collaboratori; senza contare altresì che la comunicazione recava apposta la dicitura "riservata personale", suscettibile, quindi, "di realizzare efficacemente la protezione dell'interesse dell'esponente alla riservatezza delle comunicazioni".

Per il CNF, il motivo, dunque, è fondato, giacchè le singole fattispecie previste dal codice deontologico (cfr.: art. 9 dovere di segretezza e riservatezza; art. 18 rapporti con la stampa e art. 28 divieto di produrre la corrispondenza scambiata con il collega), si riferiscono al rapporto tra professionista e cliente e alle informazioni assunte in costanza di mandato o al rapporto tra colleghi relativo alla produzione di corrispondenza in giudizio. Pertanto, nessuna è applicabile al caso di specie, dato che la parte "offesa" rivestiva la qualità di controparte e non di cliente dell'"incolpato" e che quest'ultimo inoltre non aveva né diffuso notizie a mezzo stampa né prodotto in giudizio la corrispondenza scambiata con la stessa.

In conclusione, per il Consiglio, "mancano in radice i presupposti dell'incolpazione addebitata al ricorrente sotto il profilo della violazione del dovere di riservatezza".

Né tantomeno, può ritenersi sussistente alcuna violazione del dovere di correttezza tra colleghi, ha sancito in definitiva il Cnf, posto che l'avvocato incolpato era pienamente legittimato a comunicare a mezzo fax, "trattandosi di strumento di uso normale tra avvocati", con la persona che in quel momento rivestiva la qualità di legale della controparte, essendo del tutto irrilevante che avvocato e parte avversa fossero la stessa persona ed essendo inoltre evidente non solo che la comunicazione riguardava i rapporti tra avvocati, ma che "era stata autorizzata nell'interesse dei litiganti e degli stessi difensori". 

Leggi la sentenza n. 84/2014 del Cnf

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