Nel reato di furto, non vale ad escludere l'aggravante il fatto che il ladro per introdursi in un negozio abbia forzato una porta d'ingresso già danneggiata, perché in ogni caso la stessa ha la funzione di difesa della proprietà privata e pertanto non può essere ulteriormente manomessa.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, con sentenza n. 6762 del 16 febbraio scorso, confermando la condanna di un uomo per il reato di furto aggravato commesso introducendosi all'interno di un negozio, dopo aver forzato la porta d'ingresso. 

Inutili le doglianze dell'imputato sulla mancata applicazione delle attenuanti e il riconoscimento dell'aggravante dell'art. 625, comma 1, n. 2, c.p., nonostante la porta di ingresso del negozio fosse in pessimo stato e presentasse già segni di precedenti forzature. 

Per la Cassazione, infatti, l'aggravante della violenza sulle cose sussiste comunque quando "il soggetto usi, per commettere il fatto, energia fisica provocando la rottura, il guasto, il danneggiamento, la trasformazione della cosa altrui o determinandone il mutamento di destinazione". Ciò è avvenuto nel caso di specie, secondo i giudici della S.C., in cui il ladro per entrare nel negozio ha forzato la porta, determinando un ulteriore danneggiamento. Pertanto, ha concluso la Cassazione, dichiarando inammissibile il ricorso, non può avere nessun rilievo "il fatto che si trattasse di porta in pessimo stato, perché anche una porta siffatta costituisce difesa della proprietà e non deve subire manomissioni che ne compromettano, ancor più, la funzione".  


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