Le retribuzioni corrisposte ai giovani alla ricerca di una prima occupazione non sono di entità tale da garantire loro l'indipendenza economica
È meritevole di fruire di un assegno di mantenimento la figlia ventisettenne la quale abbia al suo attivo il superamento di un consistente numero di esami universitari e che, quindi, non abbia tenuto un atteggiamento indolente ed inoperoso nei riguardi degli studi, nonché che abbia svolto attività lavorativa, ancorché saltuaria. 

La rilevata esiguità dei profitti ricavati non appare dimostrativa di una scarsa operosità, essendo dato di comune conoscenza che le retribuzioni corrisposte ai giovani alla ricerca di una prima occupazione, in specie a fronte di attività saltuarie, non sono sicuramente di entità tale da garantire loro l'indipendenza economica.


È quanto afferma la Corte di Cassazione con la sentenza n. 1798 del 2 febbraio 2015 che ha rigettato il ricorso presentato dal padre avverso la sentenza d'appello che aveva condannato lo stesso, in revisione delle condizioni del divorzio, alla corresponsione di un assegno di mantenimento di trecento euro mensili e a contribuire nella misura del 50% alle spese di istruzione e sanitarie non coperte dal Servizio Sanitario.


Il ricorrente contestava in particolare le connotazioni positive attribuite dalla Corte distrettuale ai contegni tenuti dalla figlia maggiorenne e sottolineava la necessità di un contemperamento tra le regole sul mantenimento dei figli e il principio di emancipazione ed autodeterminazione della persona umana, assumendo che semmai la figlia avrebbe avuto diritto agli alimenti. 


Il giudice di ultima istanza reputa ineccepibile, sotto il profilo della legittimità, la pronuncia d'appello che si era uniformata alla prevalente giurisprudenza secondo la quale l'obbligo dei genitori di concorrere tra loro al mantenimento dei figli ex articolo 148 codice civile non cessa, ipso facto, con il raggiungimento della maggiore età da parte di questi ultimi, ma permane immutato finché il figlio non abbia raggiunto l'indipendenza economica ovvero finché non venga fornita la prova che il mancato svolgimento di un'attività economica dipenda da un atteggiamento di inerzia o di rifiuto ingiustificato dello stesso, il cui accertamento non può che ispirarsi a criteri di relatività, in quanto necessariamente ancorato alle aspirazioni, al percorso scolastico, universitario e post - universitario del soggetto ed alla situazione attuale del mercato del lavoro, con specifico riguardo al settore nel quale il soggetto abbia indirizzato la propria formazione e la propria specializzazione.

Cassazione Civile, testo sentenza 2 febbraio 2015, n. 1798

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