Quella che era soltanto una "percezione" ora è diventata certezza. Le buste paga degli italiani piangono e si tratta di lacrime amare. A certificarlo è l'Istat che conferma che le retribuzioni contrattuali orarie nella media sono salite solo dell'1,3% durante il 2014. Questo per quanto riguarda i lavoratori del privato, perché gli impiegati pubblici hanno registrato aumenti pari a zero.

Si tratta, secondo l'istituto di statistica del più basso minimo storico che riporta i valori degli stipendi dei lavoratori del Bel Paese ad oltre 32 anni fa (e cioè al 1982, anno di inizio delle serie).

L'ultimo aggiornamento era quello del 2013, anno in cui era stata registrata una crescita media pari all'1,4%.

Entrando nel dettaglio, la situazione migliora leggermente in alcuni comparti.

L'istituto ha rilevato infatti aumenti superiori alla media nei settori delle telecomunicazioni e della lavorazione di gomma e plastica (con crescite pari, rispettivamente, al 3,5% e al 2,9%). Ma se si guarda all'edilizia e ai trasporti la crescita è praticamente impercettibile (+0,5% e +0,6%).

Per contro, rimane praticamente fermo il pubblico impiego. Ed è questo a pesare sulla percentuale complessiva, visto che i contratti della P.A. saranno bloccati per tutto il 2015.

In realtà, in attesa di rinnovo sono ben 37 contratti, dei quali 15 appartengono proprio alla P.A., riguardanti oltre 7 milioni di dipendenti (di cui 2,9 nel pubblico impiego).

Ciò significa, spiega l'Istat, che la maggior parte lavora in base a contratti scaduti (circa il 55,5%), mentre i contratti recepiti nel 2014, pari a 17, coinvolgenti soprattutto i lavoratori del settore privato, riguardano rinnovi dalla durata triennale sia dal punto di vista normativo che da quello economico.

L'unica (magra) consolazione, afferma l'istituto, viene dai prezzi che sono saliti appena del 0,2% nel 2014, incidendo positivamente sul potere d'acquisto. 


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