Le acclarate precarie condizioni di vita dell'uomo, hanno rilevato gli Ermellini (sentenza n. 4163 del 28 gennaio 2015) non rendono meno grave la condotta

Tossicodipendente, invalido, vive con una pensione di 230 euro al mese e riceve aiuti dalla Caritas. Ma dopo tre giorni che non mangia si intrufola nella sacrestia della chiesa di Pieve di San Martino e ruba la borsa a un'anziana signora contenente oltre 700 euro. Una situazione senz'altro drammatica che per i giudici, però, non basta ad invocare lo stato di necessità e l'uomo viene ritenuto responsabile del reato di cui agli artt. 61 n. 5 e 624-bis c.p. dal gip di Forlì e dalla Corte d'Appello di Bologna e condannato a otto mesi di reclusione.

La sentenza della corte territoriale viene confermata ora anche dalla Cassazione.

Le acclarate precarie condizioni di vita dell'uomo, hanno rilevato infatti gli Ermellini, nella sentenza n. 4163 depositata il 28 gennaio 2015, non rendono meno grave la sua condotta né può avere rilievo ai fini della sussistenza dello stato di necessità il fatto che l'uomo avesse agito spinto dal bisogno di alimentarsi, avendo cercato inutilmente nei tre giorni antecedenti al fatto di ricevere cibo.

La generica descrizione delle difficili condizioni di vita dell'imputato in mancanza dell'individuazione di elementi essenziali per riconoscere la sussistenza dell'esimente dello stato di necessità non vale ad escludere, perciò, secondo i giudici del Palazzaccio, la possibilità che lo stesso poteva procurarsi in altro modo le sostanze alimentari senza ricorrere alla condotta illecita.

L'esimente dello stato di necessità, ha confermato infatti la S.C. dichiarando inammissibile il ricorso, "richiede la concreta immanenza di una situazione di grave pericolo alle persone, caratterizzata dalla indilazionabilità e dalla cogenza tali da non lasciare all'agente altra alternativa che quella di violare la legge".

Cassazione Penale, testo sentenza 28 gennaio 2015, n. 4163

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