La Cassazione è tornata ad esprimersi circa la legittimità dell'uso delle telecamere da parte del datore di lavoro per il controllo dei propri dipendenti

di Daniele Profili

La Cassazione, con la recente sentenza 16-22 gennaio 2015, n. 2890 (vedi: Appropriazione indebita: legittime le telecamere nascoste per "beccare" i prelievi della cassiera - con allegato il testo della sentenza), è tornata ad esprimersi circa la legittimità dell'uso delle telecamere da parte del datore di lavoro per il controllo dei propri dipendenti. Nel caso in esame la cassiera di un supermercato è ricorsa per Cassazione, per il tramite del suo difensore di fiducia, avverso la sentenza della Corte d'Appello di Ancona che, riformando parzialmente la sentenza del giudice di primo grado, riqualificava in appropriazione indebita aggravata il reato di furto per cui era stata condannata dal Tribunale di Ancona. 

La prova della condotta criminosa imputata alla cassiera è stata fornita dal proprietario del supermercato che, attraverso le riprese video di telecamere fatte installare all'interno del negozio a seguito del rilievo di alcuni ammanchi, è riuscito a riprendere chiaramente la dipendente mentre prelevava indebitamente delle somme dalla cassa.

La dipendente ha sollevato un unico motivo di gravame nel suo ricorso davanti alla S.C., adducendo l'inutilizzabilità delle riprese video effettuate per violazione degli artt. 4 e 38 dello Statuto dei diritti dei lavoratori. In particolare la ricorrente ha sostenuto che le registrazioni effettuate violassero il divieto imposto ai datori di lavoro di sorvegliare i propri dipendenti a distanza.

La S.C., al riguardo, ha confermato i propri precedenti indirizzi in materia (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 20722 del 18/03/2010 e Sentenza

n. 34842 del 12/07/2011) ovvero ribadendo l'utilizzabilità nel processo penale delle videoriprese effettuate con telecamere installate sui luoghi di lavoro per accertare comportamenti delittuosi. Ciò in quanto le norme dello Statuto dei lavoratori, poste a presidio della loro riservatezza, non prevedono alcun divieto dei cd. controlli difensivi del patrimonio aziendale e non giustificano pertanto l'esistenza di un divieto probatorio. Secondo il giudice di legittimità, dunque, dai fatti emerge chiaramente che le videoriprese sono state finalizzate non al controllo dei lavoratori a distanza (pratica vietata dallo Statuto dei lavoratori) bensì alla difesa del patrimonio aziendale attraverso la documentazione di attività potenzialmente criminose.

Per i motivi di cui sopra la S.C. ha dunque rigettato il ricorso sostenendo che i video utilizzati nel procedimento penale in questione non possono essere considerati illegittimi o illegali, ex art. 191 c.p.p., ma devono essere inquadrati quali prove documentali legittimamente acquisibili ex art. 234 c.p.p.

Daniele Profili - daniele.profili@gmail.com 

Ecco i precedenti citati dalla corte:

Cassazione penale, sentenza n. 20722 del 18/03/2010

Le prove di reato acquisite, nei confronti di un dipendente, mediante videoriprese effettuate con telecamere installate sul luogo di lavoro sono utilizzabili nel procedimento penale, non rientrandosi nella fattispecie del "controllo a distanza" dell'attività dei lavoratori, vietato, in assenza di autorizzazione sindacale o amministrativa, dagli art. 4 e 38 st. lav., bensì in quella dei controlli c.d. difensivi, legittimi in quanto finalizzati alla tutela del patrimonio aziendale da condotte illecite esulanti dallo svolgimento di attività lavorativa.


Cassazione penale, sentenza n. 34842 del 12/07/2011

Sono utilizzabili nel processo penale, ancorché imputato sia il lavoratore subordinato, i risultati delle videoriprese effettuate con telecamere installate all'interno dei luoghi di lavoro ad opera del datore di lavoro per esercitare un controllo a beneficio del patrimonio aziendale messo a rischio da possibili comportamenti infedeli dei lavoratori, in quanto le norme dello statuto dei lavoratori poste a presidio della loro riservatezza non fanno divieto dei c.d. controlli difensivi del patrimonio aziendale e non giustificano pertanto l'esistenza di un divieto probatorio.


Vedi inoltre per altre fattispecie sempre in materia di videosorveglianza dei lavoratori:

Cassazione penale, sentenza 22611 del 17 aprile 2012

Non integra il reato previsto dall'art. 4 dello Statuto dei lavoratori (legge 20 maggio 1970, n. 300) l'installazione di un sistema di videosorveglianza potenzialmente in grado di controllare a distanza l'attività dei lavoratori, la cui attivazione, anche in mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, sia stata preventivamente autorizzata per iscritto da tutti i dipendenti.


Cassazione civile, sentenza n. 2117 del 28/01/2011

Non costituisce violazione del divieto di videosorveglianza collocare telecamere, per finalità difensive, in un ufficio che non fa parte della struttura organizzativa della società per cui lavora chi contesta tale violazione, anche se ha accesso allo stesso per lo svolgimento di un appalto di servizi (nella fattispecie è stata confermata la legittimità di alcuni vigilantes che, durante l'orario di lavoro, si erano introdotti nei locali di una ditta per cui prestavano servizio di sorveglianza, senza autorizzazione e senza motivi d'urgenza.

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