Tempo indeterminato e ricostruzione carriera con il pagamento delle retribuzioni dovute nei periodi di interruzione dal lavoro e il riconoscimento dell'anzianità preruolo.

È questa, in sintesi, la prima decisione sulla stabilizzazione dei precari dopo la pronuncia della Corte di Giustizia Europea del 26 novembre 2014 (causa C-22/13) che ha condannato l'Italia per il ricorso abusivo ai contratti di lavoro a tempo determinato reiterato (oltre 36 mesi) per il personale delle scuole statali.

Una sentenza già definita "manifesto" che arriva proprio dal tribunale di Napoli, dallo stesso giudice Paolo Coppola che aveva sollevato la questione dei precari chiedendo l'intervento ermeneutico della Corte europea sulla legittimità delle norme nazionali in materia.

I giudici di Strasburgo, si ricorda, in relazione all'accordo quadro Ces, Unice e Ceep sul lavoro a tempo determinato, avevano stabilito l'illegittimità della normativa nazionale che autorizza "in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi per l'espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi possibilità, per tali docenti e detto personale, di ottenere il risarcimento del danno eventualmente subito a causa di un siffatto rinnovo".

Tale normativa, aveva infatti affermato la Corte, non permette di definire criteri trasparenti e obiettivi per verificare se il rinnovo dei contratti risponde ad esigenze reali ed effettive e se sia idoneo per raggiungere gli obiettivi perseguiti e non prevede, inoltre, misure dirette a prevenire nonché a sanzionare l'abuso del ricorso alla successione dei contratti di lavoro a tempo determinato.

Ora, rifacendosi ai principi stabiliti dalla Corte europea, nella sentenza del 21 gennaio scorso, il giudice partenopeo ha deciso nel merito, trasformando per i ricorrenti il rapporto di lavoro da determinato a indeterminato, con la previsione aggiuntiva del pagamento di tutte le retribuzioni dovute per i periodi in cui i rapporti venivano interrotti e il riconoscimento dell'anzianità di servizio pregressa.

Una sentenza indubbiamente di grande portata che ha ricevuto il plauso del mondo della scuola e che, secondo quanto auspicato dai sindacati, dovrà essere imitata da tutti i tribunali italiani interessati dai ricorsi delle migliaia di precari. 


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