Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono state chiamate a dirimere il contrasto giurisprudenziale formatosi sul discrimine tra tentativo e consumazione del furto

di Laura Viola Berruti

viola.berruti@me.com

Non si può certo negare che i furti all'interno di un supermercato sono all'ordine del giorno e che i differenti sistemi di sorveglianza debitamente predisposti dalla struttura permettono di vanificare tempestivamente la condotta criminosa.

Le Sezioni Unite sono state chiamate a dirimere il contrasto giurisprudenziale formatosi sul discrimine tra tentativo e consumazione del furto, proprio nel caso in cui l'addetto preposto alla vigilanza mantiene il controllo sul bene oggetto della condotta criminosa in atto.

Questione di particolare rilevanza e di forte impatto sociale se si considera che, nella maggior parte di questi casi, la condotta è tenuta da indigenti, disagiati o giovani imprudenti verso cui la risposta penale, quindi, verrebbe ulteriormente alleggerita riconoscendo il mero tentativo.

Si fronteggiavano principalmente tre orientamenti il cui contrasto si incentrava sulla differente attribuzione di significato alla sottrazione e all'impossessamento, oltre che sulla rilevanza conferita al controllo del personale addetto alla vigilanza.

In primis, si segnala quella giurisprudenza[1] che non contesta come il momento del superamento delle casse, omettendo di pagare la merce, segni il momento consumativo del reato, ma puntualizza che, a monte, la consumazione si verifica ancora prima, ovverosia quando il soggetto occulta i beni sulla propria persona, nella borsa o in una tasca ponendo le condizioni necessarie per oltrepassare la cassa.

Si ha una valorizzazione dell'amotio dagli scaffali del supermercato, come viene espressamente citato da talune sentenze[2], rilevando lo specifico momento delll'asportazione - carrying away - ai fini del compimento dell'azione tipica.

Il superamento delle casse assume, quindi, mera rilevanza probatoria di una condotta già consumata al momento dell'apprensione.

Il possibile controllo del personale addetto alla vigilanza non preclude il conseguimento illecito del possesso, ma conferisce solamente all'avente diritto la possibilità di intervenire nella fase post delictum per il recupero della refurtiva.

Il controllo costante non incide sul fatto costitutivo di reato, ma ha l'attitudine a escludere la circostanza dell'esposizione alla pubblica fede.

Nel medesimo filone, si inserisce il secondo orientamento che si differenzia dal primo nel posticipare il momento consumativo al superamento della barriera delle casse - "[…] a nulla rilevando che il fatto sia avvenuto sotto il costante controllo del personale del supermercato, incaricato della sorveglianza […]"[3] - perché usuali sono i casi in cui "le massaie fanno uso delle borse-carrellino", non lasciando in vista la merce, oppure le ipotesi di consumo del prodotto immediatamente dopo il prelevamento dagli scaffali seguiti, tuttavia, dal pagamento dovuto.

Soltanto, quindi, nel momento in cui gli articoli non vengono mostrati alla cassa per sottrarsi al pagamento si consegue il possesso illegittimo, a prescindere del costante controllo della vigilanza che assume valore solo ai fini del recupero della merce.

Considerare irrilevante la signoria esercitata sui beni, tramite controllo del personale addetto oppure mediante dispositivi di antitaccheggio, presuppone che i concetti di sottrazione e di impossessamento vengano considerati equivalenti o, comunque, due "facce della stessa medaglia"; l'impossessamento, quindi, si realizza nel momento in cui si compie la sottrazione (rectius spossessamento)[4].

La scelta di aderire a questo orientamento è destinato anche a riflettersi su tutti quei casi di sottrazione di un'autovettura dotata di antifurto satellitare che consente di individuare l'esatta collocazione del mezzo.

Infatti, ad avviso di tale indirizzo, lo strumento di rilevamento non permetterebbe di mantenere la disponibilità materiale e giuridica del bene, ma acquisirebbe mera funzione recuperatoria a seguito di un furto che si considera già consumato[5].

La funzione protettiva del sistema satellitare non determina, pertanto, un rapporto reale con la cosa idoneo ad impedire quella condotta di sottrazione e traslazione del bene da un patrimonio ad un altro, ma si colloca all'esterno dell'iter criminis con fini meramente ripristinatori.

Sul fronte opposto, il terzo orientamento[6] considera la sottrazione come acquisizione della disponibilità materiale sulla cosa che non coincide necessariamente con il momento in cui si verifica l'impossessamento, ovverosia quando il soggetto agente acquisisce l'autonoma disponibilità al di fuori della diretta vigilanza della persona offesa.

Ai fini della individuazione del momento consumativo, pertanto, viene valorizzato, il criterio funzionale accolto dal Legislatore, rifuggendo dalle tradizionali teorie dell'amotio di Carrara, dell'ablatio di Pessina o dell'illazione francese.

Nondimeno, l'indirizzo ermeneutico in questione non può che affermare come il controllo dell'avente diritto sulla res consente il mantenimento della signoria sulla stessa.

L'intervento volto a interrompere la condotta criminosa può, quindi, essere esercitato in qualunque momento, nell'esercizio del proprio diritto sulla cosa.

Solo quando il soggetto agente acquisisce l'illegittima e autonoma signoria del bene, impossessandosi della res a discapito dell'avente diritto, il reato di furto può ritenersi consumato.

Se nonostante l'occultamento della merce il personale addetto alla vigilanza ne mantiene il controllo, mediante la stretta supervisione del soggetto agente o tramite i dispositivi antitaccheggio, il reato si manifesta solo nella forma tentata perché gli aventi diritto conservano la signoria sulla stessa.

Medesima ratio è seguita, quindi, per il controllo materiale e giuridico che il succitato sistema di rilevamento satellitare consente di mantenere qualora l'autoveicolo sia sottratto[7].

Non si può, ad ogni buon conto, non sollecitare un correttivo in quei casi in cui le zone schermate vanificano il sistema di vigilanza; in tal caso la consumazione del reato non potrebbe essere messa in discussione.

Questione, comunque, che non si presenterebbe per la disattivazione o rimozione dell'antifurto satellitare da parte del soggetto agente che verrebbe a integrare l'aggravante di cui all'art. 625, n. 2 cp.

Ecco, quindi, che il concomitante monitoraggio ad opera degli addetti alla sorveglianza dell'agente che supera la barriera delle casse senza pagare la merce prelevata viene ora interpretato dalle Sezioni Unite[8] come mantenimento della signoria sul bene dell'avente diritto.

Compiutamente gli Ermellini criticano il continuo riferimento di taluna giurisprudenza all'amotio della refurtiva da parte dell'agente che risulta essere inadeguata visto che è lo stesso sistema di vendita self-service dei supermercati che legittima gli acquirenti al prelevamento della merce dagli scaffali.

Il criterio funzionale - personale soppianta quello spaziale, oramai anacronistico e inadeguato a definire il concetto di impossessamento.

Il possessore mantiene la propria sfera di sorveglianza sul bene sottratto consentendone il recupero in ogni attimo e, pertanto, non si può ritenere che abbia subito uno spossessamento; la scelta di interrompere la condotta criminosa prima o dopo il superamento delle casse si atteggia, infatti, a mera valutazione di opportunità che non si può riflettere sul momento consumativo del reato.

Due osservazioni si impongono alla luce dei criteri interpretativi che orientano l'esegeta di fronte al dettato normativo.

In primis, all'ermeneuta si impone di privilegiare un'interpretazione che attribuisce un senso e un significato alle espressioni normative, rifuggendo, quindi, da accezioni che le degradano a meri pleonasmi.

Considerare la sottrazione e l'impossessamento "due facce della stessa medaglia" non fa che avvalorare un'interpretazione che considera i due termini mere reiterazioni del medesimo concetto.

Oltretutto, come espressamente chiarito dagli Ermellini, l'oggetto giuridico del reato deve essere interpretato alla luce del principio di offensività.

Se alla sottrazione consegue la perdita della mera disponibilità materiale del bene, l'impossessamento non può che avere una differente e più pregnante portata che rispecchia la nozione dello stesso possesso.

L'ampio significato che il possesso ha assunto nell'ambito penalistico comporta che lo spossessamento possa verificarsi soltanto quando l'avente diritto perde l'autonoma signoria ed effettiva disponibilità del bene e che, quindi, possa evidentemente escludersi dalla concomitante vigilanza della persona offesa e dall'intervento a difesa della res materialmente appresa.

Il mantenimento del controllo dell'avente diritto, ostando alla consumazione del reato, circoscrive la condotta criminosa nell'ambito del tentativo, in palese conformità con il principio di offensività.

Proprio perchè il tentativo si caratterizza per la mancata verificazione dell'evento per cause indipendenti dalla volontà del soggetto agente, la contestuale sorveglianza e la possibilità di intervento dell'avente diritto non possono che rappresentare quel fattore autonomo che non permette la consumazione del reato.

Laura Viola Berruti

viola.berruti@me.com


[1] Cfr, Cass. pen., sez. V, 27.4.2001, n. 17045; Id., sez. V, 19.1.2011, n. 7086; Id. sez. V, 23.2.2011, n. 7042; Id., sez. V, 30.3.2012, n. 30283; Id. sez. V, 16.1.2014, n. 1701; Id., sez. IV, 9.1.2014 n. 7062.

[2] Cfr, Cass pen, sez. V, 28.9.2005, n. 44011; Id.,sez. IV, 16.1.2004, n. 7235; Id.,sez. V, 15.6.2012, n. 25555; Id., sez. V, 30.3.2012, n. 30283; Id.,sez. V, 21.2.2014, n. 8395.

[3] Cfr, Cass. pen. sez. V, 9.6.2008, n. 23020; Id., sez. V, 8.6.2010 n. 27631; Id., sez. V, 10.7.2013, n. 41327; Id., sez. V, 14.05.2013, n. 20838; Id., sez. V, 16.1.2014, n. 1701;

[4] Tra le altre già citate, si segnalano: Cass pen, sez. V, 27.4.2001, n. 17045; Id., sez. V, 8.2.1996, n. 1308.

[5] Cfr, Cass pen, sez. IV, 11.12.2002, n. 4824; Id., sez. V, 17.3.2014, n. 12436.

[6] Cfr, Cass pen, sez. II, 5.2.2013, n. 8445;

[7] Cfr, Cass pen, sez. V, 26.2.2014, n. 9394;

[8] Cfr, Cass pen, SU, 16.12.2014, n. 52117.


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