In passato il Fisco pretendeva oltre alla prova del possesso di redditi alternativi anche la dimostrazione che proprio essi fossero utilizzati per l'acquisto oggetto di accertamento sintetico

Al contribuente che si trovi di fronte alla contestazione di incrementi patrimoniali da parte del Fisco, basta dimostrare il possesso di proventi che siano già stati sottoposti a tassazione o fiscalmente irrilevanti per una entità in grado di giustificarne la spesa, senza dover dimostrare l'esistenza del nesso causale tra reddito e spesa sostenuta


In caso di contestazione, il contribuente deve dimostrare di aver effettuato un disinvestimento nell'anno in corso o nei quattro precedenti, oppure che l'investimento contestato derivi dall'utilizzo di redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d'imposta, o ricorrendo all'utilizzo di quelli che sono legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile.

Sino a qualche mese fa, il Fisco pretendeva oltre alla prova del possesso di redditi alternativi anche la dimostrazione che proprio essi fossero utilizzati per l'acquisto oggetto di accertamento sintetico

Una pretesa fondata da una sentenza della Corte di Cassazione (6813 del 20 marzo 2009), in base alla quale non era sufficiente la semplice dimostrazione della disponibilità di redditi, ritenendo invece necessaria l'esistenza della causalità tra il possesso del reddito e la spesa sostenuta.

Sentenza però superata dalla 6396 del 19 marzo 2014, in base alla quale il contribuente può limitarsi alla dimostrazione del possesso di proventi già tassati o comunque fiscalmente irrilevanti tali da giustificare l'incremento patrimoniale, senza obbligo a produrre la prova che tali risorse siano state utilizzare proprio per sostenere l'acquisto. Mentre la sentenza 8995 del 18 aprile prevede la necessità di dimostrare la durata del possesso di questi redditi in modo da escluderne l'uso, ad esempio, per altri investimenti finanziari


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