Le radici del male sono insite della psiche umana.

Avv. Sabrina Vitiello - criminologa

Carlo Lissi, tecnico informatico di anni 31. Un ragazzo apparentemente d'oro. Sposato, due figli, moglie adorabile. Sabato 14 giugno sgozzava la moglie e i suoi due pargoli. Si lavava, si vestiva e come se nulla fosse accaduto andava tranquillamente a vedere la partita inaugurale dell'Italia ai Mondiali 2014 al pub con gli amici. Rientrava, inscenava furto e mattanza, chiamava i carabinieri. 


Dopo poche ore ecco la confessione: "Li ho uccisi io". Perché? Stessa domanda ripetuta dalla povera Cristina al suo uomo, all'uomo a cui pochi minuti prima aveva donato il suo amore sul divano di quella che era la loro casa. Il suo uomo, il padre dei suoi figli, che poi si rivela l'assassino suo e di quelle innocenti creature. Perché? Perché doveva liberarsi di loro. Perché Cristina, Giulia e Gabriele per lui erano diventati una zavorra. Perché era innamorato di un'altra. Perché a causa loro e della loro esistenza  era stato rifiutato dall'amante. "Un uomo dall'anomale freddezza". Queste le parole degli investigatori. Un uomo capace di chiedere una pizza dopo aver raccontato passo dopo passo le scene di quell'eccidio consumato a Motta Visconti, comune di 8 mila abitanti in provincia di Milano.


Giuseppe Bossetti, muratore di anni 45. Sposato, tre figli. Nato da una relazione clandestina tra l'autista Giuseppe Guerinoni (morto nel 1999) e una donna del luogo, che faceva le pulizie a casa Gambirasio. Presunto killer della povera Yara, uccisa nel lontano 26 novembre 2010. Ad incastrarlo il suo DNA, coincidente con quello trovato sugli slip e sui leggins della tredicenne di Brembate. Anche in questo caso tutti descrivono il Bossetti come una brava persona, un uomo tranquillo, dedito al lavoro e ai figli. Eppure un essere capace di seviziare ed uccidere con crudeltà una povera ragazzina di soli tredici anni, lasciandola agonizzante nel suo lago di sangue. Perché? Nessuna risposta. Questa volta il presunto assassino si è avvalso della facoltà di non rispondere. 

Scena inquietanti, scena che mettono in allerta ognuno di noi. L'insospettabile, il vicino di casa, l'amico, il compagno, il padre o il marito può trasformarsi nel nostro giustiziere. 


Le radici del male sono insite della psiche umana. Quando il male prevale, gli uomini d'affari diventano truffatori, i governi diventano oppressori, le madri uccidono i propri figli, gli ex coniugi diventano i più acerrimi nemici. 


Il male è connaturato nell'essere umano ma è anche frutto di educazione e di una società che sembrano non essere più in grado di veicolare valori positivi. Oggi non si raccontano più le favole ai bambini, non si leggono loro le fiabe per farli addormentare. Li si lascia incollati fin da piccoli a guardare cartoni animati spesso carichi di violenza. Anche i videogiochi sono spesso cruenti e stimolano l'aggressività. Tal volta è persino il più forte e cattivo a vincere. Domina in qualche modo il mito del male. Un male che non è più visto come un qualcosa di negativo ma come mezzo per raggiungere il proprio fine. 


In fondo i mezzi del male sono sicuramente più rapidi ed efficaci rispetto all'impegno richiesto per raggiungere i propri obiettivi attraverso comportamenti di buona condotta. 


In questo scenario si aggiunge una cultura della Guerra che la storia da sempre ci ha trasmesso. In passato si è parlato di Guerre giuste, di Guerre addirittura "Sante". 


Ma ci siamo mai chiesti perché siamo così affascinati dal mistero del male? Perché siamo attratti da personaggi come la Franzoni, Olindo e Rosa, Erica e Omar, Amanda e Raffaele, Michele, Sabrina Misseri o Parolisi che diventano quasi delle star televisive?


C'è una sorta di attrazione per il "crimine" che probabilmente ha radici profonde.

Dobbiamo prendere atto che il male c'è, che fa parte della natura umana e che a volte alberga nelle pieghe più recondite della nostra anima. E così può riemergere da quelle zone d'ombra che sono insite in ognuno di noi, anche in chi all'apparenza è solo un rispettabile e tranquillo vicino di casa. 


Dobbiamo prendere coscienza di questo male, dobbiamo imparare a conoscerlo per poterlo "addomesticare" perché, come direbbe Jung, anche la violenza potrebbe essere il frutto di un ombra troppo a lungo repressa.

Forse a livello collettivo è difficile, se non impossibile trovare una via d'uscita dal male. Ma a livello individuale è possibile riconquistare la consapevolezza di sé, imparare a conoscere la propria "Ombra" ed imparare a gestire conflitti e sentimenti nella consapevolezza che il crimine e la violenza non sono affatto sintomo di forza ma di debolezza e non possono portare ad altro che a odio e distruzione.

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sabrina vitielloAvv. Sabrina Vitiello (Criminologa) - Profilo e articoli
Contatti: svitiello84@vodafone.it
Sito internet: www.ilvolto.it

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