Lo ricorda la seconda sezione civile della Corte di Cassazione nella sentenza n. 25811 del 5 dicembre 2014.

In materia edilizia, dalla formulazione dell'art. 40, 2° comma, della l. n. 47/1985 è desumibile la nullità, sia di carattere sostanziale che formale, "degli atti di trasferimento di immobili non in regola con la normativa urbanistica, o per i quali è in corso la regolarizzazione, ove tali circostanze non risultino dagli atti stessi".

Ad affermare il suddetto principio, discostandosi dal precedente orientamento e confermando invece le più recenti pronunce (cfr., ex multis, Cass. n. 23591/2013), è la seconda sezione civile della Corte di Cassazione nella sentenza n. 25811 del 5 dicembre 2014.

Chiamata a pronunciarsi sulla vicenda di un uomo che chiedeva la nullità dell'acquisto di un immobile in considerazione delle irregolarità edilizie non sanabili dell'edificio, la S.C. ha ritenuto fondato il ricorso, cassando la sentenza della Corte d'Appello di Roma con rinvio per nuovo esame ad altra sezione.

In particolare, secondo la Cassazione, il giudice territoriale ha errato nel considerare assolti gli adempimenti richiesti dall'art. 40 nel rogito

di compravendita (estremi della licenza edilizia, allegazione della domanda di sanatoria, prova dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione, ecc.) e dunque nel ritenere non sussistenti gli estremi per dichiarare la nullità dell'atto, aggiungendo che, qualora la sanatoria non fosse stata accordata ciò avrebbe comportato la sola demolizione delle parti abusive del manufatto.

Per la S.C., invece, la sentenza

sarebbe dovuta entrare nel merito della domanda di sanatoria, rilevando le inesattezze nella stessa contenute, e stabilire che gli abusi realizzati avevano dato vita ad un'autonoma costruzione, assolutamente diversa da quella progettata con riferimento alla quale era stata rilasciata la licenza edilizia, comportando inevitabilmente il rigetto della sanatoria da parte del Comune e la permanenza degli abusi edilizi perpetrati sull'immobile, con l'assoluta impossibilità per il ricorrente di vedersi riconosciuta la facoltà concessa dalla l. n. 47/1985 "di legittimare e rendere commerciabile l'immobile derivato da quegli abusi".

Cassazione civile, testo sentenza n. 25811 del 5 dicembre 2014

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