A casi del genere si applica l'art. 262 c.c. secondo cui il figlio può assumere il cognome del padre aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo a quello della madre

La prima sezione civile della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un padre che - avendo riconosciuto il figlio dopo 4 mesi dalla nascita - si opponeva a che gli fosse dato il suo cognome in aggiunta a quello della madre. 

A casi del genere si applica l'art. 262 c.c. che - così come modificato dal D.lgs. 154/2013 - stabilisce che «il figlio può assumere il cognome del padre aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo a quello della madre», e nel caso di figli minori «la scelta è rimessa alla discrezionalità del giudice, il quale dovrà valutare esclusivamente l'interesse della prole». I genitori pertanto non hanno voce su questo punto e non possono opporsi alla decisione del giudice di imporre, aggiungere, sostituire o anteporre il cognome dell'uno o dell'altro, a meno che non ricorrano fondate ragioni - come, ad esempio, la cattiva reputazione del genitore o il possibile nocumento alla socialità del figlio. 

È quanto ha chiarito la Suprema Corte nelle motivazioni della sentenza

26062/2014, depositata il 10 dicembre scorso, aggiungendo che «la ratio della norma» va individuata non tanto nella volontà del legislatore di «rendere la posizione del figlio naturale quanto più simile possibile a quella del figlio legittimo», quanto in quella di «garantire l'interesse del figlio a conservare il cognome originario qualora «sia divenuto autonomo segno distintivo della sua identità personale in una determinata comunità». In questo caso, prosegue il provvedimento, non sussistevano motivi ostativi all'aggiunta del cognome del padre ai fini della considerazione sociale del figlio, e d'altro canto, essendo il bambino ancora molto piccolo (2 anni), non aveva ancora sviluppato una rete di rapporti interpersonali tali da renderlo ormai riconoscibile con il solo matronimico. Allo stesso tempo, non vi era ragione di non riconoscere una posizione di priorità al nome della madre che, fino al momento del riconoscimento paterno, era stata legalmente e affettivamente l'unica figura genitoriale del piccolo.


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