Sono aumentati del 16,1% i processi per stalking iscritti nei tribunali italiani nel 2012 rispetto all'anno precedente e l'identikit dello stalker è per la quasi totalità maschio

di Marina Crisafi - Sono aumentati del 16,1% i processi per stalking iscritti nei tribunali italiani nel 2012 rispetto all'anno precedente e l'identikit dello stalker è per la quasi totalità maschio (nel 91,1% dei casi), italiano (83% circa dei casi), con un'età media di 42 anni e con precedenti penali (46,4%).

Sono questi i numeri evidenziati dal rapporto realizzato dalla Direzione generale statistica del Ministero della giustizia sul fenomeno dello stalking, relativamente ai procedimenti definiti presso i tribunali italiani negli anni 2011-2012.

Oltre al profilo medio dello stalker, l'indagine campionaria, che ha interessato 14 sedi di tribunali rappresentative della realtà nazionale per dimensione e ubicazione, ha messo in evidenza molteplici aspetti del fenomeno e, in particolare: l'età delle vittime, i moventi, le modalità della condotta e la durata della persecuzione.

Dallo studio emerge, infatti, che se l'età media dell'autore si aggira sui quarant'anni, quella delle vittime, per il 7,1% dello stesso sesso dello stalker, è di circa 38 anni, mentre solo nell'1% dei casi si tratta di minorenni e soltanto nel 3% con più di 60 anni.

Quanto al movente, il più frequente che spinge l'imputato al reato di cui all'art. 612-bis c.p. è il tentativo di ricomporre il rapporto di coppia (50,6%), seguito dalla gelosia (26,4%) e dall'ossessione (21,1%), ma insieme ai motivi "passionali", ci sono anche ragioni di vendetta (11,1%) e disturbi mentali (6,4%).

La durata media della persecuzione è pari a 14,6 mesi mentre in ordine alle modalità, le condotte delittuose avvengono nel 65,5% dei casi tramite molestie e nel 54,2% tramite minacce, ma nella quasi totalità in maniera congiunta. Destinatarie del reato non sono solo le singole vittime, ma anche le persone alle stesse vicine (42% dei casi esaminati).

L'indagine ha sottolineato, inoltre, l'esito delle sentenze di primo grado, che finiscono nel 42,5% dei casi con una condanna, nel 14,9% con un patteggiamento e solo nell'11,5% con un'assoluzione. Quasi il 71% viene impugnata in appello, mentre una vittima su quattro ritira la querela e solo il 44% si costituisce parte civile.

Dati preoccupanti che, unitamente all'aumento dei casi di femminicidio (179 nel 2013, 14% in più rispetto al 2012), come annunciato dal Ministro della Giustizia nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne il 25 novembre scorso, evidenziano una dimensione allarmante del fenomeno, "che sta assumendo un carattere di emergenza sociale e politica", nonostante il fronte della repressione sia efficace.

L'inasprimento delle pene per i sex offenders e le misure cautelari non si sono dimostrate sufficienti a contenere la violenza sulle donne, da combattere, ha aggiunto il ministro, attraverso "la piena attuazione della prevenzione - e la messa - a sistema di tutte le forme di tutela esistenti" da parte del Governo

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