Le forze dell'ordine hanno il dovere di intervenire per impedire lo svolgimento di una manifestazione non autorizzata

Avv. Francesco Pandolfi       cassazionista

Con la sentenza n. 32432, la Corte di Cassazione Sezione 2 penale affronta il tema della resistenza a Pubblico Ufficiale, traendo il seguente principio generale: le forze dell'ordine hanno il dovere di intervenire per impedire lo svolgimento di una manifestazione non autorizzata.


Il caso: nel centro storico di xxxx ebbero luogo disordini di piazza, originati dalle iniziative del Collettivo Studentesco Autonomo, che intendeva organizzare due manifestazioni non autorizzate dalle Autorita'; tali disordini sfociarono nella commissione di gravi reati in danno delle forze dell'ordine intervenute.

Con ordinanza del 5xxx, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di B. dispose la misura cautelare del divieto di dimora nel territorio del Comune di (OMISSIS) nei confronti - tra gli altri - di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), indagati: i primi tre di rapina di un bastone di difesa sottratto alle forze dell'ordine; tutti dei delitti di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali in danno di otto militari dell'Arma dei Carabinieri intervenuti.

 

Con separata ordinanza emessa nella medesima data del 5xxx, lo stesso G.I.P. dispose la misura cautelare del divieto di dimora nel territorio del Comune di (OMISSIS) nei confronti - tra gli altri - di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), indagati per gli ulteriori delitti di resistenza a pubblico ufficiale commessi il (OMISSIS).

Avverso tali provvedimenti gli indagati proposero istanza di riesame, ma il Tribunale di B. confermo' i provvedimenti impugnati.

 

Ricorre quindi per cassazione il difensore degli indagati, proponendo per (OMISSIS) ricorso autonomo e per gli altri ricorso congiunto.

Nei due ricorsi vengono proposti diversi motivi, che possono esaminarsi come segue.

Con il primo motivo di entrambi i ricorsi, si deduce la inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale, nonche' il travisamento del fatto, in relazione al delitto di resistenza a pubblico ufficiale aggravata e al delitto di lesioni personali. Si lamenta che erroneamente il Tribunale avrebbe affermato che gli indagati avevano reso dichiarazioni ammissive dei fatti, dovendo al contrario ritenersi niente affatto ammissive tali dichiarazioni. 

Si deduce ancora che il Tribunale non avrebbe verificato l'esistenza di un atto legittimo che autorizzasse le forze dell'ordine ad intervenire con la forza, dal momento che non vi sarebbe traccia di alcuna ordinanza del Questore o del "Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica" che autorizzasse l'intervento delle forze di polizia. 

Secondo i ricorrenti, il Tribunale avrebbe omesso di considerare che l'azione delle forze dell'ordine era illegittima (come risulterebbe da un filmato depositato dalla difesa e non considerato dai giudici, dal quale si evincerebbe che il funzionario di polizia diede l'ordine di attaccare gli studenti, quando questi erano inermi) e che gli indagati si limitarono a reagire ad un atto arbitrario delle forze dell'ordine, di modo che la loro condotta sarebbe non penalmente rilevante, ricorrendo l'esimente di cui all'articolo 393 bis c.p. 

 

Le doglianze sono manifestamente infondate.

Non risulta al vero che il Tribunale abbia affermato che gli indagati hanno ammesso la loro responsabilita' in ordine ai fatti loro contestati, essendosi il Tribunale limitato ad affermare che gli indagati hanno ammesso solo la loro presenza sui luoghi, ma con partecipazione inerte.

 

Priva di ogni fondamento e' poi la pretesa dei ricorrenti di giustificare la loro condotta con la mancanza di un provvedimento che autorizzasse le forze dell'ordine ad intervenire. A parte il fatto che dagli atti di polizia giudiziaria - che fanno prova fino a querela di falso - risulta che il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica aveva disposto di intensificare la vigilanza nella zona universitaria, e' certo che le forze dell'ordine avevano il dovere di intervenire per impedire lo svolgimento della manifestazione non autorizzata; dal che la irrilevanza del filmato depositato dalla difesa, nel quale si vedrebbero le forze dell'ordine utilizzare la forza verso gli indagati. Nessun atto arbitrario delle forze di polizia e', quindi, ipotizzabile.  

 

Peraltro, i ricorrenti propongono alla Corte una ricostruzione dei fatti alternativa rispetto a quella dei giudici di merito, che e' inammissibile in sede di legittimita'.

Con il secondo motivo del ricorso congiunto, si deduce la mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione della ordinanza impugnata con particolare riferimento alla ritenuta sussistenza della gravita' indiziaria per il delitto di rapina avente ad oggetto il bastone da difesa del Mar. CC. (OMISSIS), contestato - tra gli altri - ai ricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). 

Si deduce che il filmato prodotto dalla difesa dimostrerebbe che il militare ebbe a perdere il bastone non per i colpi ricevuti dai giovani manifestanti, ma per i colpi energici inferti dallo stesso militare ai giovani; il Tribunale non avrebbe considerato tale filmato e non avrebbe considerato che gli indagati, in sede di interrogatorio di garanzia, ebbero ad affermare di non essersi resi conto della perdita del bastone da parte del Carabiniere

Si deduce ancora come l' (OMISSIS) fosse in terza fila e non sarebbe intervenuto affatto nell'azione; che non vi sarebbe prova che il (OMISSIS) avesse preso in mano il bastone del carabiniere; che il (OMISSIS), non avendo preso ne' toccato il bastone, non potrebbe rispondere della rapina dello stesso, neppure a titolo di concorso anomalo ai sensi dell'articolo 116 c.p., perche' l'appropriazione del detto bastone sarebbe stata un'azione imprevedibile, che avrebbe spezzato il nesso causale tra la sua condotta e l'evento della rapina.

 

Anche queste censure sono inammissibili, perche' esse sottopongono alla Corte profili relativi al merito della valutazione delle prove, che sono insindacabili in sede di legittimita', quando - come nel caso di specie - risulta che i giudici di merito hanno esposto in modo ordinato e coerente le ragioni che giustificano la loro decisione (richiamando, tra l'altro, le precise dichiarazioni del mar. (OMISSIS) e le immagini delle video-riprese, dalle quali risulta che gli indagati (OMISSIS) e (OMISSIS) si impadronirono del bastone caduto, mentre (OMISSIS) continuava a colpire il militare), sicche' deve escludersi tanto la mancanza quanto la manifesta illogicita' della motivazione, che costituiscono i vizi ("di macroscopica evidenza", "percepibili ictu oculi": cfr. Cass., sez. un., n. 24 del 24.11.1999 Rv 214794; Sez. un., n. 47289 del 24/09/2003 Rv. 226074) che circoscrivono l'ambito in cui e' consentito il sindacato di legittimita' sulla motivazione in facto.

 

Non e' vano ricordare che le riprese filmate effettuate in luogo pubblico nell'ambito dell'attivita' di indagine della polizia giudiziaria sono espressamente consentite dall'articolo 234 c.p.p., che le annovera tra le prove documentali, sottoposte al libero convincimento del giudice (cfr. Cass., Sez. 5, n. 46307 del 20/10/2004 Rv. 230394).

 

Con il terzo motivo del ricorso congiunto, si deduce la inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale, in relazione al delitto di resistenza a pubblico ufficiale e al delitto di lesioni personali con particolare riferimento alla posizione di (OMISSIS). 

Si deduce il vizio della motivazione con riferimento al fatto che non esisterebbero immagini che ritraggano il (OMISSIS) tra le prime file dei manifestanti mentre danneggia lo scudo del Carabiniere (OMISSIS); e cio' nonostante che le fotografie esistenti siano state scattate dalla polizia con modalita' "scatto continuo", sicche' il fatto addebitato dall'indagato non avrebbe potuto sfuggire. Si deduce ancora che il Carabiniere (OMISSIS) avrebbe dichiarato di non aver subito lesioni o percosse.

 

Anche questo motivo di ricorso e' inammissibile, attenendo al merito della valutazione delle prove.

In ordine al delitto di resistenza a pubblico ufficiale, il Tribunale ha ritenuto la sussistenza della gravita' indiziaria sulla base delle dichiarazioni rese dal carabiniere, molto preciso nell'accusare il (OMISSIS). 

Il fatto che non vi siano fotografie che ritraggano in (OMISSIS) nella prima file dei manifestanti e' assolutamente ininfluente, essendo ovvio che le foto (anche se "a scatto continuo") coprono solo un certo arco temporale.

 

La censura circa la gravita' indiziaria per il delitto di lesioni personali e' inammissibile perche' nuova, non essendo stata formulata in sede di riesame.

Con il quarto motivo del ricorso congiunto e col secondo motivo del ricorso del (OMISSIS), si deduce, infine, la mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione della ordinanza impugnata con riferimento alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari. Si deduce che l'ordinanza cautelare e' stata emessa a distanza di quasi dieci mesi dai fatti e che, percio', il tempo decorso avrebbe eliso il pericolo di reiterazione dei reati, posto dai giudici di merito a fondamento della misura cautelare. Secondo i ricorrenti, nella motivazione della ordinanza impugnata, mancherebbe una valutazione autonoma e disgiunta degli elementi di cui all'articolo 292, comma 2, lettera c) con particolare riferimento al "tempo decorso dalla commissione del reato". Peraltro, a dire dei ricorrenti, i precedenti penali e quelli di polizia non giustificherebbe il giudizio di pericolosita' sociale formulato dai giudici di merito.

Le doglianze sono inammissibili perche' nuove, non essendo state proposte in sede di riesame; e cio', non senza considerare che la motivazione del Tribunale, che richiama i precedenti penali e di polizia degli indagati, risulta immune da vizi logici e giuridici.


Avv. Francesco Pandolfi        

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Francesco Pandolfi
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Si occupa principalmente di Diritto Militare in ambito amministrativo, penale, civile e disciplinare ed и autore di numerose pubblicazioni in materia.
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