L'attore sosteneva che non era stato possibile addivenire alla stipula dei contratti definitivi per fatto e colpa del convenuto che non aveva provveduto alla regolarizzazione catastale degli immobili

A cura dell'avv. Cristina Bassignana www.avvocatobassignana.it

 

Cassazione Civile, sentenza del 6 novembre 2014 n. 23702


La vicenda si è svolta in Piemonte dove il promissario acquirente, dopo aver stipulato due contratti preliminari per l'acquisto di due distinti complessi immobiliari con versamento della caparra confirmatoria, ha citato in giudizio il promittente venditore chiedendo la risoluzione dei contratti preliminari con condanna al pagamento del doppio della somma versata a titolo di caparra.


L'attore sosteneva che non era stato possibile addivenire alla stipula dei contratti definitivi per fatto e colpa del convenuto che non aveva provveduto alla regolarizzazione catastale degli immobili.


Il promittente venditore si costituiva in giudizio sostenendo che era stato l'attore a rendersi inadempiente per mancanza di disponibilità finanziaria e ritenendo di essere legittimato ad esercitare il recesso e trattenere la caparra.


In primo grado il Giudice rigetta la domanda attorea statuendo che il termine per la stipula del definitivo non poteva essere considerato essenziale in quanto tra le parti continuavano ad intercorrere delle trattative; la mancata disponibilità finanziaria

dell'attore legittimava il recesso del convenuto; le irregolarità catastali non erano tali da giustificare la risoluzione del preliminare in quanto il contratto prevedeva la possibilità di  variazioni catastali al momento del rogito ed era stato affidato ad un professionista l'incarico di occuparsi della regolarizzazione.


La Corte d'Appello, dal canto suo, ha ritenuto che anche il promittente venditore non fosse perfettamente adempiente. Gli atti definitivi, infatti, non avrebbero potuto essere perfezionati per due motivi: la pratica di regolarizzazione catastale era ancora in corso e vi era un problema di frazionamento dell'area che non avrebbe potuto essere venduta perché in parte vincolata a favore del Comune.

La Corte d'Appello, quindi, ha stranamente dichiarato la risoluzione consensuale del contratto che nessuna delle parti aveva chiesto e condannato il convenuto alla restituzione della caparra.


La Corte di Cassazione ha così cassato parzialmente la sentenza di secondo grado sostenendo che il Giudice d'appello è incorso nel vizio di ultra petizione. La Corte d'Appello, infatti, dichiarando la risoluzione consensuale del preliminare, ha pronunciato su una domanda che nessuna delle parti aveva mai formulato.

 

Avv. Cristina Bassignana


Vedi anche: che cosa è la caparra confirmatoria

Cassazione: testo della sentenza 23702/2014
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