La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione (Sent. 6169/2004) ha stabilito che il divieto di concorrenza nello svolgimento di un'attività di impresa, per 5 anni previsto dall'art. 2557 c.c. non si applica al socio receduto di una società di persone, a meno che non sia stato concordato diversamente tra i soci stessi. La Corte, aderendo alla più recente giurisprudenza, "ha negato carattere di eccezionalità al divieto stabilito dal citato art. 2557 c.c., ammettendone l'applicazione anche in caso di cessione delle quote della società titolare dell'azienda, quando ciò produca sostanzialmente la sostituzione di un soggetto ad un altro nella conduzione della struttura aziendale" e che "nel caso di recesso del socio
, non si determina alcun trasferimento, diretto né indiretto , della titolarità dell'azienda e non vi sarebbe quindi ragione per porre a carico del socio receduto un generale divieto di concorrenza analogo a quello che la legge pone a carico dell'alienante dell'azienda (e non rileva, a tal fine, se il recesso provochi il venir meno della pluralità dei soci, non derivandone comunque l'immediata estinzione del rapporto societario né, comunque, una situazione in qualche modo assimilabile ad un trasferimento di azienda)". Nella decisione, la Corte ha poi affermato che il "divieto di concorrenza previsto per il socio di società collettive dall'art. 2301 c.c. cessa naturalmente con il venir meno della qualità di socio; e solo una diversa e specifica pattuizione tra le parti ? che nessuno afferma essere però intervenuta nel presente caso ? potrebbe giustificarne l'ulteriore vigenza quando il socio abbia cessato di essere tale". Infine, i Giudici del Palazzaccio hanno precisato che legittimato passivo ad agire per l'accertamento della concorrenza sleale del socio fuoriuscito, è la società stessa e che i soci "possono assumere in giudizio unicamente una posizione adesiva a quella della società medesima che resta la principale obbligata".
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