di Gerolamo Taras - Ai sensi dell' art. 48 bis (Disposizioni sulla riscossione delle imposte  sul reddito) la Pubblica Amministrazione e le Società a prevalente partecipazione pubblica,  prima  di effettuare pagamenti di un importo   superiore   a   diecimila  euro,  devono verificare se il beneficiario del pagamento stesso sia inadempiente all' obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento, inoltrando  apposita richiesta a Equitalia Servizi S.p.A. La società  controlla,  avvalendosi del sistema informativo,  se risulta un inadempimento a carico del beneficiario e ne  da' comunicazione al soggetto pubblico richiedente entro i cinque giorni  feriali  successivi  alla ricezione della richiesta.

Nel caso di inadempienza ad un obbligo di pagamento, il soggetto beneficiario  viene dunque classificato come "soggetto inadempiente". Le qualificazione di un individuo quale soggetto inadempiente rispetto agli obblighi tributari, porta con se conseguenze  particolarmente rilevanti, sia da un punto di vista morale, sia  da un punto di vista patrimoniale, avendo l'effetto di sospendere i pagamenti allo stesso dovuti da parte di amministrazioni pubbliche.

Si discute tuttora sulla natura giuridica di tale comunicazione.

Diverse, sull' argomento, le posizioni della Magistratura Amministrativa e di Equitalia.

Secondo il TAR Lazio, nella sentenza che andremo ad esaminare, l'atto che qualifica il contribuente moroso, soggetto inadempiente,  assume veste e natura di vero e proprio provvedimento certificativo della qualità di "inadempiente".

"All'esito delle richieste ex art. 48bis del d.P.R. 602/1973, opera un atto di natura provvedimentale di comunicazione delle risultanze di indagine all'amministrazione richiedente (art.2, comma 2, del d.m. n. 40/2008) volto all'accertamento "qualificativo" delle inadempienze di natura tributaria ed extra tributaria, e ciò a prescindere dall'accertamento delle specifiche posizioni di diritto soggettivo siano esse di natura tributaria e non".

Si è in sostanza in presenza di una potestà certificativa dell'"inadempimento" così come disciplinata ex art. 48bis del d.P.R. 602/1973 ed ex art.2, comma 2, del d.m. n. 40/2008. Fatto questo che determina la competenza del giudice amministrativo in sede di giurisdizione generale di legittimità, e la soggezione del provvedimento ai principi ed alle regole del procedimento amministrativo di cui alla  legge n.241/90,  a prescindere dalla  totale irrilevanza della assenza di previsioni in tal senso da parte della legge o da atti di livello secondario…

Ma soprattutto,osserva il TAR, ed è questo il  motivo di contrasto con le opinioni del Consiglio di Stato, " la legge impone il rilascio della certificazione di cui all' art. 48 bis sulla base del preciso presupposto che, nella specie, si verta in una evenienza di "inadempimento".

Ed "è fuor di luogo che l'inadempimento richiesto dalla legge per il rilascio della certificazione non possa essere se non definitivo, nel senso che, di fronte all'insorgenza di una obbligazione sia essa tributaria e non, il soggetto interessato non adempia alla prestazione e non ne contesti la debenza".

Da ciò consegue che in tutte le evenienze in cui sussistano controversie siano esse giurisdizionale o giustiziali-amministrative, sulla debenza o meno dell'obbligazione pubblica, non può parlarsi di inadempimento; il che comporta che l'Amministrazione ai fini del rilascio della certificazione deve preventivamente eseguire congrua istruttoria sulla pendenza o meno di contenziosi amministrativi o giurisdizionale facenti capo alla parte ricorrente.

Diversa la posizione di Equitalia. La comunicazione trasmessa a seguito  delle richieste ex art. 48bis del d.P.R. 602/1973, non rappresenterebbe  alcun atto di natura provvedimentale di inserimento in alcuna lista, ma si limiterebbe a controllare se dal "sistema informativo [...] risulta un inadempimento a carico del beneficiario" e a comunicare le risultanze di tale indagine all'amministrazione richiedente (cfr. art.2, comma 2, del d.m. n. 40/2008).

La comunicazione rappresenterebbe una mera dichiarazione di scienza (un mero  atto ricognitivo) circa le informazioni risultanti dagli archivi informatici degli Agenti della riscossione.

La  procedura di verifica, espletata ai sensi dell'art. 48-bis, che si conclude con la qualifica di soggetto inadempiente a carico del beneficiario di un pagamento della Pubblica Amministrazione, si realizzerebbe al di fuori di qualsiasi schema procedimentale, volto all'emanazione di un formale provvedimento di sospensione Pertanto non dovrebbero ritenersi operanti le tutele previste dalla legge n. 241/1990 ed in particolar modo, l'obbligo di comunicazione di del procedimento amministrativo.

Inoltre l'art. 39 del D.P.R. n. 602/1973 apertamente esclude che il ricorso prodotto davanti al giudice tributario abbia un automatico effetto sospensivo: stabilisce, testualmente, la citata norma: « II ricorso contro il ruolo di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546. non sospende la riscossione; tuttavia, l'ufficio delle entrate o il centro di servigio ha facoltà di disporre in tutto o in parte fino alla data di pubblicarne della sentenza della commissione tributaria provinciale, con provvedimento motivato notificato al concessionario e al contribuente ».

A questo deve aggiungersi che, essendo meramente riproduttiva di quanto risulta negli archivi informatici, la comunicazione prevista dall' art. 48 bis, può essere attaccata solo per mezzo di querela di falso, per la quale è competente il Giudice ordinario.  Trattandosi poi di un atto vincolato nel contenuto nessuna comunicazione di avvio del procedimento deve essere inviata.

Queste diverse interpretazioni, sulla valenza giuridica dell' atto di accertamento di cui all' art. 48 bis, si sono confrontate  all' interno della controversia sorta tra Equitalia ed il titolare di una convenzione per la prestazione di consulenza ed assistenza legale a favore di una Società pubblica.

Il consulente, con ricorso al TAR del Lazio, aveva impugnato la qualificazione di "soggetto inadempiente" attribuitagli dalla società Equitalia Servizi S.p.A. a seguito della verifica prevista ai sensi dell'art. 48-bis del D.P.R. 27 settembre 1973, n. 602, per il controllo della sua posizione fiscale.

Con sentenza n. 7523/2013 il T.A.R. Lazio - Sezione Terza - accoglieva parzialmente il ricorso del Professionista ed annullava l'atto impugnato per difetto di istruttoria, non avendo la società accertato se, sulle obbligazioni contestate, pendessero controversie giurisdizionali o giustiziali-amministrative.

Contro la Sentenza del TAR  Equitalia, presentava ricorso in appello, previa richiesta di sospensione cautelare della sentenza impugnata, contestando sia la qualificazione dell' atto impugnato quale "certificazione", sia la  violazione dell'art. 21octies della legge n. 241/1990. Avendo tale atto natura vincolata non sarebbe annullabile  anche in presenza di  una violazione delle norme sul procedimento.

Il  Consiglio di Stato (Sezione Quarta) sentenza n. 04694/2014 del 15/09/2014, ha accolto parzialmente  il ricorso di Equitalia, senza contraddire completamente le tesi del Tribunale Amministrativo. L'istruttoria condotta da Equitalia è stata, comunque, ritenuta completa e l'atto di accertamento legittimo, in quanto sussistevano i presupposti perché Equitalia giungesse all'adozione dell'atto.

La Sezione, pur condividendo la qualificazione di atto di natura provvedimentale data dal TAR alla certificazione dell' inadempimento, non ha seguito  il ragionamento del Giudice di primo grado sul punto principale della controversia:  la ricorrenza di una situazione di  "inadempimento" tutte le volte in cui sussistano controversie giurisdizionali o giurisdizionali-amministrative.

Secondo il Consiglio di Stato: la mera impugnazione della cartella, in assenza di provvedimenti giurisdizionali di sospensione cautelare della stessa, non osta alla qualificazione di soggetto "inadempiente" che è tenuta a certificare Equitalia ex art. 48 bis.

L'inadempimento cui si riferisce l'art. 48 bis cit. è, infatti, quello relativo all'obbligo di pagamento delle somme contenute nella cartella esattorialeLa cartella di pagamento, presuppone l'iscrizione a ruolo da parte dell'ente pubblico creditore, con cui si forma un titolo esecutivo stragiudiziale.

In assenza di provvedimenti giurisdizionali di sospensione cautelare, o di definitivo annullamento delle cartelle o dei ruoli, l'obbligo di pagamento resta valido ed efficace ed il soggetto che non effettua il versamento delle somme nei termini prescritti deve qualificarsi, ai sensi dell'art. 48 bis, quale soggetto "inadempiente".

Tale interpretazione è ricavabile anche dal D.M. n. 40/2008 che definisce come "inadempimento" "il mancato assolvimento da parte del beneficiario, nel termine di sessanta giorni dell'obbligo di versamento di un ammontare complessivo pari almeno a 10.000 euro, derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento, relative a ruoli consegnati agli agenti della riscossione".

Una  diversa interpretazione della normativa vanificherebbe la procedura prevista dal legislatore ex art. 48 bis ogni volta che l'inadempiente proponesse, anche in modo palesemente pretestuoso, un ricorso giurisdizionale contestando la propria inadempienza.

Quanto poi alla  violazione delle norme sul procedimento amministrativo, una volta riconosciuta  natura provvedimentale al procedimento previsto ex art 48 bis, questo   deve ritenersi soggetto alle disposizioni della legge n. 241/1990.

Ma proprio ai sensi dell'art. 21 octies, co. 2, legge n. 241/1990, il provvedimento amministrativo non può essere annullato per i soli  vizi formali del provvedimento che non incidono sul contenuto dispositivo dello stesso.

Nel caso di specie, la mancata partecipazione al procedimento del soggetto interessato non avrebbe potuto apportare alcun contributo utile a modificare il contenuto dispositivo della comunicazione. 

Gerolamo Taras

Sentenza C.d.S. n. 04694/2014 del 15/09/2014
Gerolamo Taras - dott.ninotaras@gmail.com - Altri articoli di questo autore

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