di Gerolamo Taras - Sempre nella sentenza N. 01954/2014, che abbiamo esaminato nei giorni scorsi,  il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, si è pronunciato - a sostegno della decisione assunta di riforma della sentenza n. N. 00604/2011 del TAR Puglia -  sull' applicazione di  altri  istituti processuali. In particolare sulla natura dell' atto di riassunzione del processo interrotto per causa di morte, sulle condizioni del ricorrere, sulla  riassunzione del processo interrotto, per ripassare infine le modalità della notificazione dell' atto di riassunzione (negli aspetti, rilevanti per la causa in corso, della notifica a mezzo posta e della notifica nei confronti di una persona che rivesta la duplice qualità di parte in proprio e di parte quale erede).

Si tratta di spiegazioni chiare ed esaurienti che possono leggersi tranquillamente, anche slegate dalla causa sottostante, che comunque può essere visitata nella sentenza allegata. Interessanti i richiami a recenti pronunce della Cassazione in considerazione dell' applicabilità di molti istituti del processo civile a quello amministrativo.

1) La riassunzione del processo interrotto e procura alle liti

La Sezione rileva, alla stregua di una consolidata giurisprudenza civile, che l'atto di riassunzione del processo interrotto non ha natura di atto introduttivo di un nuovo giudizio: non dà vita, cioè, ad un nuovo processo, diverso ed autonomo dal precedente, ma mira unicamente a far riemergere questo dallo stato di quiescenza in cui versa, rimanendo però in vita in forza dell'originaria domanda giudiziale. Onde il compimento dell'atto di riassunzione non esige il conferimento di una nuova procura ad litem, che del resto non compare tra le componenti dello stesso atto indicate dall'art. 125, n. 2, disp. att. c.p.c. (Cass. civ., Sez. I, n. 14100 del 23 settembre 2003; Sez. II, n. 4045 del 16 aprile 1991; Sez. III, n. 6888 dell'11 agosto 1987).

2) Dinamica del meccanismo interruttivo.

Chiarisce la Sezione: Nell'attuale sistema del processo civile ed amministrativo l'interruzione del processo per morte o perdita di capacità processuale della parte costituita non è frutto di un automatismo, ma consegue esclusivamente ad un'apposita dichiarazione fatta dal procuratore della parte stessa (cfr. Corte Cost., 10 aprile 2002, n. 102).

Un eventuale evento interruttivo, cioè, per poter assurgere a rilevanza nel processo deve necessariamente essere rilevato nei modi di cui agli artt. 299 e ss. cod. proc. civ., la cui disciplina è richiamata dall'art. 79, comma 2, C.P.A., ossia mediante dichiarazione o notificazione dell'evento ad opera del procuratore costituito per la parte colpita dall'evento interruttivo (v. C.d.S., VI, 27 ottobre 2011, n. 5788), forme di comunicazione dell'evento che non ammettono equipollenti: laddove in mancanza di tale dichiarazione o notificazione da parte del difensore della parte colpita il processo prosegue (C.d.S., V, 12 luglio 1996, n. 857; 29 maggio 2000, n. 3090; VI, 10 aprile 2003, n. 1906).

Più ampiamente, la dinamica del meccanismo interruttivo è stata nitidamente illustrata dalla giurisprudenza civile nei seguenti termini.

" … l'incidenza dell'evento morte di una parte costituita con procuratore, verificatosi durante il giudizio di primo grado o d'impugnazione è regolata dall'art. 300 cod. proc. civ. e, pertanto, essendo indispensabile e insostituibile ai fini di tale incidenza la comunicazione formale dell'evento da eseguirsi dal procuratore della parte deceduta e non avendo rilevanza la conoscenza che dell'evento stesso le altre parti abbiano avuto eventualmente "aliunde", l'effetto interruttivo de processo è prodotto da una fattispecie complessa, costituita dal verificarsi dell'evento o dalla dichiarazione in udienza o dalla notificazione fatta dal procuratore alle altre parti. Dichiarazione o notificazione che soltanto il procuratore della parte defunta può discrezionalmente non fare o fare nel momento da lui giudicato più opportuno per provocare l'interruzione del processo, la quale non si verifica in modo automatico come conseguenza diretta ed esclusiva della morte della parte a cui, quindi, deve essere notificato l'atto d'impugnazione, perché considerata ancora in vita nel caso in cui della propria morte il suo procuratore abbia omesso la dichiarazione in udienza o la notificazione alle altre parti" (Cass.civ., II, 5 giugno 1990, n. 5391).

La giurisprudenza di questo Consiglio ha avuto già modo di stabilire che ove, come nella specie, il difensore della parte colpita dall'evento interruttivo si sia limitata a depositare in atti una copia del certificato di morte, senza nulla dichiarare ai fini dell'interruzione del processo, non sono con ciò integrati presupposti rilevanti ai fini dell'interruzione ex art. 300 c.p.c., poiché manca una dichiarazione del procuratore costituito o una notificazione dell'evento ai sensi del medesimo articolo (C.d.S., VI, 10 aprile 2003, n. 1906).

Analogamente, con la decisione della Sez. IV n. 199 del 30 marzo 1987 è stato deciso che la comunicazione della morte del ricorrente depositata nella segreteria dell'organo giudicante dal procuratore costituito non è idonea ad integrare l'interruzione del processo prevista e disciplinata dall'art. 300 c.p.c., non essendo stata formulata in uno dei due modi previsti tassativamente dalla legge (dichiarazione in udienza o notifica alle altre parti).

3) La ritualità delle notifiche dell'atto di riassunzione:

a) notifiche alle parti dell'atto di riassunzione effettuate a mezzo posta.

Viene riportato  l'approfondito quadro della materia recentemente fornito dalla Suprema Corte con la pronuncia della Sez. I, 25 luglio 2013, n. 18085.

"E' opportuno riportare, nella parte che qui rileva, la L. n. 892 del 1980, art. 7, commi 1 e 2, che, nel disciplinare le modalità di notificazione a mezzo posta, dispone: L' agente postale consegna il piego nelle mani proprie del destinatario, anche se dichiarato fallito.

Se la consegna non può essere fatta personalmente al destinatario, il piego è consegnato, nel luogo indicato sulla busta che contiene l'atto da notificare, a persona di famiglia che conviva anche temporaneamente con lui ovvero addetta alla casa ...".

Tra i due requisiti previsti dalla norma, della quale è stata rimarcata la differenza con il disposto di cui all'art. 139 c.p.c., comma 2 (che si limita ad indicare la consegna ad una persona di famiglia, senza alcun accenno al secondo requisito), la giurisprudenza ha ritenuto sussistente un vincolo presuntivo, del primo rispetto al secondo requisito, ritenendo che la notificazione mediante consegna a persona di famiglia richiede che l'atto da notificare sia consegnato a persona che, pur non avendo uno stabile rapporto di convivenza con il notificando, sia a lui legato da vincolo di parentela, che giustifichi la presunzione di sollecita consegna; presunzione superabile da parte del notificando, che assuma di non avere ricevuto l'atto, con la dimostrazione della presenza occasionale e temporanea del familiare consegnatario (così le pronunce 187/2000, 5671/1997, 7371997).

Ed ancora più chiaramente, la pronuncia 9928/2001 si è espressa nel senso di ritenere che il disposto normativo, che regolamenta la dazione del piego postale a consegnatari qualificati del destinatario assente, "pone certamente l'esigenza che il familiare sia convivente, anche in termini di assoluta temporaneità, con tale espressione intendendosi un minimo di stabilità della presenza del soggetto- familiare nell' abitazione del destinatario, che faccia ritenere certa la sollecita consegna del piego. Ma se tale è la formula adottata, è anche palese che il testo non impone alcuna indicazione, nella formula notificatoria, della convivenza, posto che, come più volte da questa Corte precisato, viene instaurata la presunzione della convivenza temporanea del familiare nella abitazione del destinatario per il solo fatto che detto familiare si sia trovato nella casa ed abbia preso in consegna l'atto (Cass. 1843/98 - 7544/97 - 615/95 - 6100/94 - 2348/94), presunzione certamente superabile da prova contraria fornita dall'interessato (e ad oggetto la carenza di alcuna pur temporanea convivenza) e sulla quale il legislatore ha fondato l'ulteriore presunzione normativa, quella di consegna immediata dell'atto al suo destinatario da parte del ridetto familiare" (Cass. civ., Sez. I, n. 18085/2013);

b) la notificazione dell'atto di riassunzione fatta a persona che riveste la duplice qualità di parte in proprio e di parte quale erede.

Viene richiamato  l'orientamento della giurisprudenza civile "incline a riconoscere che in presenza della duplice qualità di parte in proprio e di parte quale erede vi è un unico soggetto sul piano sostanziale, ossia "unicità sia della persona fisica che della parte in senso sostanziale" (Cass. civ., sez. I, 8 settembre 1995, n. 9471; espressione dello stesso indirizzo sono anche sez. I, 23/05/2008, n. 13411; sez. II, 4 febbraio 2003, n. 1613; sez. I, 18 febbraio 2000, n. 1804).

La giurisprudenza, inoltre, è particolarmente restrittiva nel ravvisare gli estremi di una notifica inesistente, e come tale non sanabile. "Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, dal quale non vi è ragione di discostarsi, l'inesistenza giuridica della notificazione sussiste non solo quando questa manchi del tutto, ma anche quando sia effettuata in modo assolutamente non previsto dal codice di rito e cioè in modo tale da non consentirne l'assunzione nell'atto tipico di notificazione delineato dalla legge, allorquando - per esempio - sia fatta in un luogo diverso da quello previsto dalla legge e che non presenti alcun riferimento o attinenza al destinatariodellanotificazione stessa (C.d.S., sez. VI, 14 novembre 2012, n. 5744), laddove si ricade nella diversa ipotesi di nullità della notificazione (sanabile con la costituzione in giudizio del convenuto o attraverso la sua rinnovazione eseguita spontaneamente o in esecuzione dell'ordine del giudice), quando, pur eseguita mediante consegna a persona o in un luogo diverso da quello stabilito dalla legge, sia comunque ravvisabile un collegamento tra il luogo o la persona cui è stata fatta la consegna dell'atto ed il destinatario della notifica stessa

c) rinnovabilità della notificazione nulla.  

Si applica al giudizio amministrativo la regola, risalente all'art. 291 cod.proc.civ., della rinnovabilità della notificazione nulla con esclusione di ogni decadenza.

Come noto, tale articolo stabilisce in termini generali che, "Se il convenuto non si costituisce, e il giudice istruttore rileva un vizio che importi nullità nella notificazione della citazione, fissa all'attore un termine perentorio per rinnovarla. La rinnovazione impedisce ogni decadenza."

La giurisprudenza amministrativa prevalente non riteneva inizialmente applicabile la norma al giudizio amministrativo. E' quindi intervenuto l'art. 46, comma 24, della legge 18 giugno 2009, n. 69, a disporre espressamente che il primo comma dell'art. 291 del codice di rito civile si applicava anche nell'ambito della giurisdizione amministrativa.

Il principio così enunciato è stato poi trasfuso nel C.P.A., il cui art. 44, peraltro, al comma 4, pur confermando, in assenza di costituzione della parte invalidamente chiamata in giudizio, la rinnovabilità della notifica nulla, ha ristretto la relativa possibilità all'ipotesi in cui il Giudice ritenga che l'esito della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante ("Nei casi in cui sia nulla la notificazione e il destinatario non si costituisca in giudizio, il giudice, se ritiene che l'esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante, fissa al ricorrente un termine perentorio per rinnovarla. La rinnovazione impedisce ogni decadenza").

La giurisprudenza di questo Consiglio (sez. VI , 30 aprile 2013, n. 2366), tuttavia, ha espresso il condivisibile avviso che la disciplina speciale della nullità della notifica del ricorso introduttivo dettata per il giudizio amministrativo dall'art. 44 comma 4 cit. trovi la sua ratio giustificatrice nella particolare esigenza di conservare l'inoppugnabilità del provvedimento amministrativo non gravato con ricorso ritualmente notificato entro il termine di decadenza, esigenza ritenuta però non ravvisabile nella fattispecie di riassunzione di un processo in origine già ritualmente instaurato, essendo in tal caso la decadenza dal termine d'impugnazione del provvedimento impedita dal ricorso introduttivo.

E' stato quindi ritenuto che, allorché si tratti della riassunzione di un processo amministrativo tempestivamente promosso, la disciplina processualcivilistica ex artt. 39, 156 e 291 cod. proc.civ. sia normalmente applicabile (VI , n. 2366/2013 cit.). E il Collegio ritiene che questa lettura debba essere condivisa, anche per la sua coerenza con l'esigenza di fondo, sottesa all'art. 39 C.P.A., dell'uniformità, quando possibile, delle discipline processuali.

 

Consiglio di Stato Sezione Quinta sentenza n. 01954/2014
Gerolamo Taras - dott.ninotaras@gmail.com - Altri articoli di questo autore

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