MEDIAevo n. 36 una rubrica di Paolo M. Storani - (PARTE QUARTA) Il sorgere di nuove emergenze, trascurate, omesse o non rilevabili dagli inquirenti dell'epoca, ha fatto sì che venisse riaperta l'indagine penale sulla morte di Pantani.

A settembre il Pubblico Ministero assumerà le determinazioni del caso per fugare le perplessità che suscita una fine così atroce.

Nella quarta di copertina della sua inchiesta rigorosa ed appassionata pubblicata in Italia nel 2008, Philippe Brunel scrive: "Marco Pantani non ha scelto la sua morte. D'accordo sulla solitudine. La cocaina. I barbiturici. I giri notturni e le puttane. D'accordo sulla vita dissoluta vissuta come distrazione dall'esistenza monacale del campione.

D'accordo su quest'uomo ferito. Piegato. Disonorato. Assetato di infamia che cerca la vergogna e finisce per trovarla.

D'accordo su tutto. Ma non su questa morte ...". 

Firmava gli autografi con il solo cognome con una lettera M accanto che sembrava il profilo di una tappa di montagna.

Ma chi era davvero Marco Pantani che, al tempo delle mie peregrinazioni al seguito della variopinta carovana del ciclismo, più da curioso che da suiveur, ho conosciuto gregario (o luogotenente che dir si voglia) con ancora la capigliatura in testa (cui, purtroppo, teneva tantissimo)? 

Poi di gregari ne avrà anche il Pirata.

Lo stimarono moltissimo e tuttora lo stimano, anche se da un decennio se n'è andato via.

Anzi, i gregari amarono in modo travolgente il Pirata.

Nessun compagno di squadra di Diego Armando Maradona ha mai parlato male di lui.

I gregari di Marco Gli vogliono tuttora molto bene.

Una volta Gianni Mura chiese a Davide Boifava, team manager della Carrera, la prima squadra professionistica del Pirata, come avesse fatto ad anticipare la concorrenza, aggiudicandosi le prestazioni di questo scalatore che viene insolitamente dal mare.

"Ti dico la verità. Non siamo andati noi da lui, è venuto lui da noi.

A casa mia, due anni prima di passare professionista.

Io ero un po' perplesso, lui insisteva: guardate che a prendermi fate un affare".

Aveva ragione Pantani ed aveva ragione anche Amadori, un ciclista romagnolo che continuava a magnificarne le doti.

Ho scoperto ieri, 13 agosto 2014, che la parola "Pantani" è la seconda più ricercata nell'estate del web dopo Ebola, il virus che purtroppo impazza.

Alle h. 11:45 del 13 gennaio 1970, presso l'ospedale Bufalini di Cesena, Mamma Tonina dà alla luce un bimbo di kg 3,75, proprio dove è stata ricoverata l'8 agosto 2014 per accertamenti: causa stress il suo cuore fa le bizze.

Trova il Papà Paolo e la sorella Manola, che ha quindici mesi, e abita nella casa dei nonni Sotero e Delia in Via Saffi di Cesenatico.

Proviamo allora a rievocare la biografia del Pantadattilo seguendo quella ufficiale che riporta la Onlus a lui dedicata Fondazione Marco Pantani O.N.L.U.S. - P.IVA 97373930151, rinvenuta al sito www.pantani.it, con l'avvertenza che il grassetto è nostro:


L'infanzia di Marco si consumò all'insegna della curiosità. 

Voleva sapere, sognava, ed aveva già definiti i contorni delle passioni. Imparò ad intingere la sua vivacità negli interessi più vari, spesso in alternativa alla scuola, dove non eccelleva, proprio perché non dedicava a libri e quaderni il meglio di se stesso. 

La pesca di nonno Sotero e la caccia di papà Paolo, finirono così per formare una fetta consistente del suo mondo. Anche il calcio divenne un epigone, cominciò a praticarlo, ma capì ben presto che non era lo sport adatto a lui.

 

Un giorno, osservando i coetanei del G.C. Fausto Coppi di Cesenatico, che si ritrovavano per gli allenamenti nel piazzale antistante l'appartamento che i Pantani avevano acquistato in via dei Mille, al vispo Marco venne la folgorazione: usare sportivamente quel mezzo, fino ad allora solo un tema di gioco. Si unì una prima volta a quei ragazzini, usando la bici da donna, vecchia e pesante, che mamma Tonina utilizzava per andare al lavoro. La sua risposta, pur nelle differenze di strumento e d'abitudine, fu ottima: non fu staccato, ed in salita finì per stare davanti. Aveva 11 anni.

 

Di lì partì il suo rapporto col ciclismo, ed il 22 aprile 1984, con la vittoria in solitudine a Case Castagnoli di Cesena, iniziò la sua Leggenda. 

Con gli anni, quella immediata e strabiliante attitudine alle salite divenne più marcata, ed i suoi successi più prestigiosi. Passavano le categorie, gli avversari divenivano sempre più competitivi, ma la superiorità di Marco sulle pendenze aumentava. 

Fra i professionisti il suo talento coinvolse l'intero immaginario collettivo. 

I suoi scatti, il suo essere solo sugli sfondi montani, lo innalzarono a monumento sportivo italiano ed internazionale. Intere genti riscoprirono il ciclismo grazie a lui e l'audience televisiva esplose. 

Nel frattempo, seppe superare incidenti di una gravità tale da scoraggiare chiunque e, tutto questo, aumentò la sua già enorme popolarità. 

Le vittorie al Giro d'Italia e al Tour de France nel 1998 lo collocarono nel ristrettissimo novero dei Leggendari del pedale e lo posero in cima al gradino più alto del podio degli sportivi italiani contemporanei.

 

Il suo essere uomo sensibile, schietto e con una visione assai più acuta rispetto ai colleghi, su realtà e problemi dello sport e non solo, da una parte lo posero ulteriormente a riferimento e, dall'altra, gli crearono l'invidia dell'ambiente, nonché un palpabile fastidio tendente all'avversione nelle autorità sportive italiane. In un clima avverso e con un controllo che lascia tuttora aperti pesanti interrogativi sulla sua regolarità, la mattina del 5 giugno 1999, in Madonna di Campiglio, a due tappe dalla fine di un Giro d'Italia che stava dominando, fu riscontrato a Marco un tasso di ematocrito superiore al 50%: ciò significava uno stop di 15 giorni per tutelare la sua salute e l'addio alla corsa.

 

Per Pantani, fu l'inizio di una lunga odissea di torture. 

Venne posto alla gogna da fette consistenti di quei media che prima lo osannavano. 

Solo pochi giorni dopo, la stessa Magistratura iniziò ad aprire su di lui fascicoli e ad indagarlo. Si aprirono così per Marco le porte dei Tribunali, anche in mancanza di reali presupposti di legge. Ogni qualvolta provava a rialzarsi, parimenti un'altra Procura iniziava ad indagarlo: alla fine furono ben sette!

 

Sapendosi vittima di voleri superiori e con un fattore scatenante dettato da un controllo che sapeva baro, si lasciò andare alla disperazione, ed incontrò la cocaina. 

In quel periodo, nonostante le traversie, le delusioni e l'alterazione che veniva dalla sostanza, incentivò altre voci del suo essere artista: la pittura innanzitutto. I suoi quadri, aggiungendo inaspettate e crescenti abilità nell'uso del pennello, assunsero i tratti di un messaggio ulteriore. 

Così come le sue ultime lettere, nonostante l'italiano stentato, seppero assumere sovente i connotati della medesima poesia che sapeva recitare in bicicletta.

Marco Pantani, il ragazzo che veniva dal mare per incantare l'agreste delle asperità imprimendo passioni e trasporti in chi lo vedeva, che sapeva cantare e dipingeva come un pittore naif, che nascondeva la tanta beneficenza, perché pubblicizzandola la vedeva come anticamera del business, trovò la morte il 14 febbraio 2004 in un residence di Rimini; anche qui, attraverso un epilogo ancor pieno di enigmi.


(Fonte www.pantani.it il mondo Marco Pantani, biografia ufficiale)


Sì, è vero: Marco cominciò a morire il 5 giugno 1999 al controllo dell'ematocrito di Madonna di Campiglio, quando fu escluso da un Giro d'Italia che aveva già in tasca.

Quell'episodio venne strumentalizzato in maniera sconcia per sostenere che Pantani fosse dopato, anche se quella fu una sospensione non per doping, bensì per salvaguardare la salute dell'atleta. Almeno all'apparenza.

In realtà, come dichiarerà addirittura Renato Vallanzasca, in carcere girava una strana voce: il "Pelatino" sarebbe stato fermato in qualche maniera perché le scommesse sulla sua vittoria erano eccessive.

FINE QUARTA PUNTATA (continua nei prossimi giorni)

Buon Ferragosto a tutti i visitatori di LIA Law In Action!!!



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