Due coniugi acquistano un immobile usufruendo del bonus fiscale per la prima casa. Dopo 15 anni si accorgono di aver fruito indebitamente del beneficio e presentano rinuncia al Fisco chiedendo di sanare le irregolarità. Pagate le relative sanzioni, subito dopo acquistano un altro immobile e fanno nuova domanda per le agevolazioni prima casa, ma l'Agenzia delle Entrate annulla in autotutela il provvedimento di revoca delle agevolazioni sul primo immobile e recupera l'Iva sul secondo acquisto agevolato.

È questa la vicenda portata all'attenzione della Suprema Corte che, con la sentenza n. 17294 del 30 luglio 2014, nega il bis del bonus ai due coniugi, avallando l'operato dell'amministrazione finanziaria.

Richiamando la precedente giurisprudenza sull'argomento (Cass. n. 8784/2000; 229/2003; 21671/2011), la Cassazione ha affermato, infatti, che "non è possibile fruire dell'agevolazione prevista per l'acquisto della prima casa, previa rinuncia a un precedente analogo beneficio, conseguito in virtù della medesima disciplina, in conseguenza del divieto di reiterazione interna derivante dalla legge e dal carattere negoziale, non revocabile per definizione, della precedente dichiarazione di voler usufruire del beneficio".

Né può assumere rilievo, secondo la Corte, con "l'inaccessibile rinuncia a un beneficio già fruito da circa un quindicennio", la buona fede del contribuente, il quale ha rinunciato all'agevolazione ottenuta indebitamente, né il fatto che il Fisco inizialmente ha dato corso alla sua richiesta, poiché l'atto impositivo, una volta annullato per autotutela cessa immediatamente di avere efficacia; lo stesso, inoltre, non è impugnabile o censurabile, sia per la discrezionalità

di cui è connotata l'attività di autotutela, sia per la mancanza di un generale interesse per l'amministrazione.

In definitiva, la S.C. ha rigettato il ricorso, condannando i ricorrenti anche al pagamento delle spese di giudizio. 


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