di Gabriella Longo

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Il nostro ordinamento in tema di obbligazioni ha conosciuto un'evoluzione dapprima normativa, al fine di adattarsi alle esigenze socio-economiche della realtà, e in seguito giurisprudenziale, al fine di addivenire ad un'interpretazione delle norme conforme al mutevole divenire della società.

Da qui la teorica del contatto sociale, priva di riferimento normativo esplicito, che si aggancia all'art. 1173 c.c. e che involge una molteplicità di aspetti e di problematiche giuridiche sopravvenute alla varietà di situazioni e posizioni proprie di un contesto storico mutevole.

Tra queste particolare rilievo è dato alla questione inerente la natura giuridica della categoria in esame, in specie nei rapporti con la responsabilità precontrattuale, e nella disciplina di settore, con la mediazione tipica, disciplinata dall'art. 1754 c.c., laddove in cui il mediatore non è legato da alcun rapporto contrattuale ad alcuna delle parti.

Risulta evidente che anche in tal caso si pone un problema di individuazione del tipo e natura di responsabilità in quanto la qualificazione come contrattuale o extracontrattuale della responsabilità importa delle conseguenze non di poco momento nella misura in cui da essa ne deriva una determinata tutela in punto di rimedi giuridici caratterizzata da una molteplicità di aspetti differenti tra loro.

L'evoluzione nel contesto giuridico normativo italiano si realizza attraverso il passaggio dal Codice Codacci Pisanelli del 1865 al codice del '42 e, ancora più nello specifico, all'evoluzione dell'art. 1173, sia per intervento del legislatore che della giurisprudenza.

Nel Codice del 1865 il rilievo attribuito alle obbligazioni è marginale ed è per più collegato al contratto tanto che il Titolo IV è intitolato "Delle obbligazioni e dei contratti in genere", inserito nel Libro III " Dei modi di acquistare e di trasmettere le proprietà e gli altri diritti sulle cose".

Ciò a dimostrare la primaria importanza attribuita all'epoca all'unica e vera ricchezza che si riteneva meritevole di tutela, cioè la proprietà.

All'evolversi della società, segue la carenza di copertura legislativa dettata dall'obsolescenza di una disposizione ancorata al sistema francese del Code Napoléon del 1804, e vincolata tassativamente alle categorie espressamente previste.

Il codice del '42 segue l'impianto tradizionale romanistico, sganciandosi da formule foriere di confusione con il diritto penale e ampliando la nozione con una formula di chiusura "ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità all'ordinamento giuridico", che richiama la struttura delle norme penali in bianco.

Proprio questa formula ha dato adito nel corso degli anni ad un avvicendarsi circa il contenuto ad essa attribuito, ed ha costituito quel fondamento implicito della categoria del "contatto sociale".

Il "contatto sociale" sviluppatosi nel campo medico è stato esteso anche ad altri settori, tra cui ad esempio quello scolastico: l'esigenza è quella di fornire una tutela più forte nell'ambito di un rapporto che, normalmente non sarebbe qualificabile in termini contrattuali, e che pertanto dovrebbe essere ricondotto alla disciplina della responsabilità extracontrattuale.

Ciò in attuazione del principio di solidarietà sociale di cui all'art. 2 Cost., in conformità all'ordinamento dell'Unione Europea, vedi in tal senso il Titolo IV "Solidarietà" Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea; in altro settore, a livello di Stati Membri, dall'art. 222 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea (c.d. "clausola di solidarietà), o ancora più in generale, dall'art. 1 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del '48 (in via interpretativa "fratellanza").

Sull'assunto di una centralità attribuita dal Codice del '42 al rapporto obbligatorio, vi sono casi in cui il rapporto tra due soggetti si caratterizza per un "contatto" che ha origine nella società e che riguarda proprio quelle parti: è il "contatto sociale qualificato" che, per le dinamiche della realtà, coinvolge sempre più spesso soggetti non legati da un rapporto contrattuale.

Tuttavia non manca un orientamento contrario all'ammissibilità di tale figura, argomentando dalla mancata espressa previsione, e sulla base di una supposta superfetazione del 1218 c.c.

Particolarmente complessa è la questione inerente la responsabilità precontrattuale ex artt. 1337 e 1338 c.c., con riguardo alla natura di questa responsabilità e al suo ambito applicativo.

La sede propria è data dalla fase delle trattative, fase in cui la violazione del canone di buona fede dà luogo a responsabilità precontrattuale.

Problematico è l'inquadramento della natura di tale responsabilità e l'individuazione della fase delle trattative, non essendo sempre agevole individuare il discrimen tra fase precontrattuale e contrattuale.

Secondo un orientamento la responsabilità precontrattuale avrebbe natura di responsabilità contrattuale, accedendo in misura tanto prossima al contratto da costituire un unicum con la fase contrattuale, così da garantire una tutela adeguata e certa alla posizione del soggetto.

Altro orientamento sostiene che così opinando non si capirebbe l'espressa previsione della fase di trattative ad opera del legislatore, non costituendo un minus di garanzia ma un quid pluris a favore di quel soggetto che, in una fase antecedente quella contrattuale, sia leso dalla violazione del principio della buona fede.

Secondo i sostenitori di tale posizione, il bilanciamento operato dal testo legislativo è evidente nella misura in cui si attribuisce natura extracontrattuale alla responsabilità che da tale lesione scaturisce, differenziandosi in ciò dalla responsabilità contrattuale, in ossequio al principio di eguaglianza sostanziale ex art. 3 Cost., principio che verrebbe violato qualora fossero trattate allo stesso modo situazioni differenti.

Non manca chi propende per il tertium genus della natura di tale responsabilità inquadrandola paradigmaticamente quale responsabilità da contatto sociale, cui applicare la disciplina ex 1218 c.c.

L'inquadramento della natura della responsabilità precontrattuale è significativo nella misura in cui determina riflessi importanti in fase applicativa, è il caso ad esempio, dell'intermediario finanziario.

Nel rispetto del principio dell'affidamento, così come anche garantito a livello comunitario, oltre che dell'art. 41 co. 2 Cost., si inserisce la questione dell'intermediario finaziario.

Un soggetto il quale, ad esempio, fornisca errate informazioni o fornisca un errato, incompleto o fuorviante prospetto informativo al cliente in violazione degli obblighi previsti in generale ex 1337 e 1338 c.c., e in particolare nella disciplina di cui all'art. 21 del d. lgs. 58/98.

Il T.U.I.F. stabilisce espressamente quali criteri generali nello svolgimento dei servizi ed attività la diligenza, correttezza e trasparenza, l'obbligo di adeguata informazione nonchè comunicazioni, pubblicitarie e promozionali "corrette, chiare e non fuorvianti".

Una definizione precisa viene fornita dal Regolamento Consob n. 16190/07, artt. 27 e 28 in tema di chiarezza e correttezza delle informazioni, ed in materia di sanzioni, dall'art. 27 Delibera Consob 17130/10.

Secondo un orientamento qualora l'intermediario violi uno dei suddetti obblighi siamo in presenza di responsabilità precontrattuale in quanto ci si trova nella fase delle trattative, il cliente è solo potenziale, e, se si accoglie la teoria della natura extracontrattuale della responsabilità precontrattuale, si applica l'art. 2043 c.c., con le conseguenze giuridiche del caso.

Un altro orientamento sostiene che una violazione della legge determina responsabilità contrattuale non essendo possibile rinvenire una distinzione tra fase precontrattuale e contrattuale, essendosi già, di per ciò stesso, per le caratteristiche proprie dei casi in esame, in fase contrattuale,da cui applicazione del 1218 c.c.

Ulteriore posizione si attesta sulla individuazione di queste ipotesi come "contatto sociale qualificato" essendo in presenza di quelle condizioni e requisiti tali per cui si realizza un contatto tra due soggetti non legati da un rapporto contrattuale, che ingenera nella controparte affidamento già nella fase precontrattuale, qualificato dal contesto, dalla situazione, dal luogo e dal ruolo del soggetto.

Un settore in cui emergono alcune criticità, in parallelo con quello finanziario, è quello creditizio delle banche, così come risulta dal T.U.B., d. lgs. 385/93 il quale dedica un intero Titolo alla trasparenza e pubblicitè delle condizioni contrattuali e ai rapporti con i clienti, anche con riguardo al credito al consumo ex 123 e soprattutto 124, "obblighi precontrattuali".

Particolare è l'ipotesi dell'accordo quadro di cui all'art. 126 quinquies: alcuni affermano la natura comunque contrattuale dell'ipotesi in esame data la stipula del contratto, altri la natura extracontrattuale, non essendo predefinito nel dettaglio il contenuto del contratto.

Un orientamento, diversamente ha concluso per la natura di responsabilità da contatto sociale, in quanto vi è contatto tra cliente e operatore finanziario, e quindi un contatto socialmente qualificato tra le parti, in presenza di un contratto da perfezionarsi ma già completo nelle sue linee essenziali.

La Cassazione nel 2011 si è interrogata sulla qualifica della responsabilità precontrattuale in termini di contatto sociale, con conseguente applicazione del 1218 c.c., addivendendo alla conclusione per cui essendo la responsabilità precontrattuale, al pari della contrattuale, responsabilità secondaria, vada inquadrata nella categoria del c.d. "contatto sociale".

Se è vero che a seguito dell'evoluzione del canone di buona fede oggettivo, anche in fase precontrattuale si generano obblighi in capo alle parti, allora non si è più in presenza di un generico neminem laedere, ma di un rapporto obbligatorio, la cui natura non rileva ai fini dell'inadempimento ex 1218 c.c.

La diatriba giurisprudenziale e dottrinale si è focalizzata anche sulla figura del mediatore c.d. tipico, nulla quaestio per il mediatore atipico in cui sussiste un vincolo che lega le parti a obblighi di tipo prestazionale.

Già nel codice del Commercio del Regno d'Italia del 1882 era prevista la figura del mediatore, cui era dedicato il Titolo V del libro I, gli artt. da 29 a 35, prima del Titolo VI dedicato alle obbligazioni commerciali.

Oggi il riferimento è il Capo XI del libro IV in materia di obbligazioni, art. 1754 e ss: dalla collocazione sistematica a confronto con la normativa pregressa emerge l'inserimento espresso nelle ipotesi di rapporti di natura obbligatoria derivanti dalla mediazione.

La stessa definizione di mediazione è fornita dall'articolo di apertura in base al quale è mediatore colui che mette in relazione due o più parti, per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna da rapporti di tipo collaborativo, di rappresentanza o dipendenza.

Da questa disposizione è dato ricavare che, esulando dalla figura del mediatore atipico, non sussiste tra i soggetti interessati alcun tipo di rapporto, nè di mandato o rappresentanza, nè equiordinato di tipo collaborativo, nè subordinato di dipendenza.

Dal combinato disposto degli artt. 1759 c.c. e 1760 c.c. si gli obblighi a carico del mediatore professionale dalla cui violazione scaturisce la responsabilità di quest'ultimo, il problema si pone con riguardo alla violazione degli obblighi non di prestazione ma c.d. di protezione.

In base alle regole generali, in questo caso, non essendovi per espressa previsione normativa alcun rapporto tra le parti, si dovrebbe applicare la disciplina relativa alla responsabilità aquiliana ex 2043 c.c.

Questo è quanto affermato da una parte della giurisprudenza, oltre che della dottrina, la quale argomenta dal dato testuale e dalla voluntas legis che in tal senso pare orientare la normativa del mediatore, tanto per quanto statuisce expressis verbis, tanto per quanto non viene esplicitato,in base al principio per cui ubi lex dixit voluit ubi noluit tacuit.

Altra posizione giurisprudenziale e dottrinale, invece, sostiene che per le caratteristiche del rapporto medesimo esso vada inquadrato ex 1173 c.c. in quegli altri "fatti o atti idonei a produrli in conformità dell'ordinamento giuridico".

E che questa sia la reale intenzione del legislatore emerge a livello storico-comparativo: se in passato il Codice del Commercio collocava la mediazione prima delle obbligazioni, oggi è inserita proprio tra le obbligazioni, tanto da non potersi dubitare della natura obbligatoria del rapporto; inoltre un'interpretazione in senso extracontrattuale determinerebbe un deficit di tutela in violazione del principio di effettività e pienezza della tutela.

Nella mediazione si verifica quella situazione che presenta le caratteristiche tipicamente proprie del "contatto sociale qualificato", in quanto vi sono due soggetti non legati da vincoli, che però vengono in contatto, importando in tal senso il rispetto del principio di buona fede che informa l'ordinamento.

Secondo i fautori di questa teoria, è il contesto sociale di riferimento, a distinguere il mero incontro dal "contatto", e a "qualificare" il rapporto tra le parti.

Questa ricostruzione ha trovato avallo presso la giurisprudenza di legittimità della Corte di Cassazione, la quale, in alcune pronunce ha affermato che, per l'ipotesi testè considerata si realizza quel contatto sociale generatore di obblighi al cui inadempimento si applica il disposto dell'art. 1218 c.c.

Tutti i casi prospettati hanno un denominatore comune che è la qualificazione della natura della responsabilità, ciò in quanto i riflessi dell'adesione all'una o all'altra teoria sono particolarmente rilevanti.

Diversi sono i termini di prescrizione, 5 anni in materia contrattuale, 10 in materia extracontrattuale, inoltre in tema onus probandi, nell'ipotesi di responsabilità contrattuale si opera un'inversione attraverso una presunzione di causalità ed elemento soggettivo, invece, in tema di responsabilità aquiliana la prova è a carico del danneggiato.

Il regime si differenzia, inoltre, sia con riguardo alla costituzione in mora, posto che ex 1218 c.c. ha natura convenzionale mentre ex 2043 c.c. .la mora è ex re, come anche nella disciplina del regresso regolata nelle ipotesi del 1219 c.c. dal 1298 c.c. mentre in materia extracontrattuale dal 2055 c.c.

Diversa è la posizione giuridica del soggetto essendo sufficiente in campo extracontrattuale la capacità naturale di intendere e volere, richiedendosi, invece, la capacità d'agire in campo contrattuale.

Infine importanti sono le conseguenze sul piano risarcitorio: se si configura tale responsabilità come contrattuale variano le limitazioni della responsabilità ex 1229 c.c. , non sussistenti ex 2043 c.c., e, con riguardo al quantum del risarcimento, allo stesso modo, troverà applicazione il 1225 c.c., diversamente in campo aquiliano dove il risarcimento si estende anche ai danni imprevedibili.

Occorre menzionare, in questo contesto, anche i riflessi relativi al danno non patrimoniale, pacificamente ammesso per la responsabilità extracontrattuale, e controverso per quella contrattuale, seppur la giurisprudenza appaia, negli ultimi anni, orientata ad ammetterne la configurabilità.

Gabriella Longo - gabriella982@hotmail.com cell. 3332879000

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