"Il reato di sottrazione di cose sequestrate o pignorate sussiste ogni qual volta si ponga in essere un'azione diretta ad eludere il vincolo, cioè a rendere impossibile o difficile la realizzazione delle finalità cui la cosa, per effetto dell'imposizione del vincolo stesso, è rivolta, e ciò anche a prescindere dal rilievo di una materiale amotio del bene" (ossia dall'asporto del bene stesso).

Così ha statuito la sesta sezione penale della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 32704 del 23 luglio scorso, in una fattispecie riguardante l'amministratore di fatto di una società, ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 388 c.p. perché dopo un pignoramento di un lettino abbronzante affidato alla sua custodia, continuava a utilizzarlo e poi lo vendeva a una nuova società subentrata a quella da lui amministrata.

Per la Cassazione, l'atto dispositivo del bene pignorato, posto in essere da colui che (come il custode) è a conoscenza degli obblighi specificamente riconducibili al vincolo giudiziario gravante sullo stesso, integra il reato in esame poiché rende comunque difficoltosa l'efficace attuazione del diritto vantato dal creditore pignorante, a prescindere dal rilievo inerente alla c.d. "amotio".

Né può darsi rilievo, secondo la Corte, nel caso di specie, alla deduzione difensiva inerente alla prospettata inefficacia della vendita nei confronti del creditore pignoratizio, poiché egli comunque avrebbe dovuto adire la via giudiziaria per far accertare il suo diritto in caso di contestazione da parte del terzo di buona fede.

Pertanto, affermando che la sentenza della corte territoriale impugnata ha correttamente applicato i principi statuiti dalla stessa giurisprudenza di legittimità, secondo cui la fattispecie incriminatrice in esame "è configurabile non solo quando la condotta sia obiettivamente idonea ad impedire la vendita

della cosa pignorata, ma anche quando crei per gli organi della procedura esecutiva ostacoli o ritardi nel reperimento del compendio esecutato", la S.C. ha rigettato il ricorso, ritenendo che la condotta di "sottrazione", pur potendo assumere estrinsecazioni diverse in ragione della natura e del regime giuridico dei beni coinvolti, costituisce "una delle condotte alternative mediante le quali può realizzarsi il delitto in esame - esercitando un - ruolo di chiusura improntato all'esigenza di sanzionare ogni comportamento contrassegnato dalla direzione e dall'attitudine a ledere l'interesse tutelato, che è quello alla conservazione del vincolo di natura privatistica apposto su determinati beni, in funzione del corretto conseguimento delle finalità la cui attuazione esso specificamente viene a presidiare". Sotto tale profilo, pertanto, ha precisato la Cassazione, può ritenersi rilevante ogni attività idonea "a rendere non solo impossibile, ma anche semplicemente più difficoltosa la concreta attuazione delle pretese, delle facoltà e dei diritti il cui pieno soddisfacimento l'ordinamento giuridico intende in tal guisa tutelare".



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