di Martina Tosetti


La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 172 del 2014, (Presidente Silvestri, Relatore Cartabia), depositata l'11 giugno 2014, ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 612-bis c.p. in materia di reato di stalking, promossa dal Tribunale di Trapani, in relazione alla presunta violazione del principio di tassatività e determinatezza delle fattispecie penali ex art. 25 c. 2 Cost..


Secondo il giudice rimettente, infatti, l'impugnata norma penale non definirebbe in modo "sufficientemente determinato il minimum della condotta intrusiva temporalmente necessaria e sufficiente affinché possa dirsi integrata la persecuzione penalmente rilevante"; neppure risulterebbe sufficientemente determinata la definizione di  "perdurante e grave stato di ansia o di paura" delle vittima, il concetto di "abitudini di vita" modificate in conseguenza delle condotte di persecuzione, nonché i criteri per stabilire quando il timore debba considerarsi "fondato".


Chiamati, allora, a valutare se l'art. 612-bis c.p. sia conforme ai principi di tassatività e sufficiente determinatezza delle fattispecie penali, i giudici della Consulta hanno ritenuto la questione non fondata: in particolare, il ricorso del legislatore ad enunciazioni sintetiche nella norma incriminatrice non comporterebbe, di per sé, un vizio di indeterminatezza, purché attraverso l'interpretazione integrata, sistemica e teleologica, si pervenga alla individuazione di un significato chiaro preciso dell'enunciato. 

Il principio di determinatezza non esclude, infatti, l'ammissibilità di formule elastiche, alle quali non infrequentemente il legislatore deve ricorrere a causa della "impossibilità pratica di elencare analiticamente tutte le situazioni astrattamente idonee a 'giustificare' l'inosservanza del precetto e la cui valenza riceve adeguata luce dalla finalità dell'incriminazione e dal quadro normativo su cui essa si innesta" (così, sentenze n. 302 e n. 5 del 2004).

Come già costantemente affermato dalla Corte Costituzionale, del resto, l'esigenza di determinatezza della fattispecie ai sensi dell'art. 25 c.2 Cost., "non coincide necessariamente con il carattere più o meno descrittivo della stessa, ben potendo la norma incriminatrice fare uso di una tecnica esemplificativa" (sul punto, si vedano anche le sentenze n. 79 del 1982, n. 120 del 1963 e n. 27 del 1961), riferirsi a concetti extragiuridici diffusi (così anche, sentenze n. 42 del 1972, n. 191 del 1970), ovvero ancora a dati di esperienza comune o tecnica (sentenza n. 126 del 1971). 


Più nel dettaglio, in relazione ai diversi elementi costitutivi della fattispecie incriminatrice di cui all'art. 612-bis c.p., la Consulta ha osservato come il concetto di "reiterazione" chiarisca la necessità che sussistano almeno due condotte di minacce o molestia, così confermando l'impostazione assunta dalla giurisprudenza di legittimità più recente. 

Le suddette condotte, inoltre, devono essere idonee a cagionare uno dei tre eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice: una tale valutazione di idoneità non può che essere condotta in concreto dal giudice, esaminando il singolo caso sottoposto al suo giudizio e accertando il nesso causale tra la condotta posta in essere dall'agente e i turbamenti derivati alla vita privata della vittima.

Infine, quanto al riferimento del legislatore alle "abitudini di vita" della vittima, la Corte ha osservato come questo costituisca "un chiaro e verificabile rinvio al complesso dei comportamenti che una persona solitamente mantiene nell'ambito familiare, sociale e lavorativo, e che la vittima è costretta a mutare a seguito dell'intrusione rappresentata dall'attività persecutoria, mutamento di cui l'agente deve avere consapevolezza ed essersi rappresentato, trattandosi di reato per l'appunto punibile solo a titolo di dolo".


Martina Tosetti

Consulente legale 

Specializzata presso la SSPL Statale di Milano

Iscritta all'ordine dei praticanti di Genova

martina.tosetti@libero.it 


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