Martina Tosetti

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Sulla violazione degli obblighi di assistenza familiare è intervenuta la VI Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza del 23 aprile 2014, n. 17691, al fine di chiarire la portata interpretativa della norma incriminatrice di cui all'art. 570 c.p..

Secondo i Giudici della Corte, infatti, costituiscono espressione di un consolidato indirizzo giurisprudenziale i principi per cui "in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, nella nozione penalistica di 'mezzi di sussistenza' debbono ritenersi compresi non più' solo i mezzi per la sopravvivenza vitale (quali il vitto e l'alloggio), ma anche gli strumenti che consentano, in rapporto alle reali capacita' economiche e al regime di vita personale del soggetto obbligato, un sia pur contenuto soddisfacimento di altre complementari esigenze della vita quotidiana (quali, ad es., abbigliamento, libri di istruzione per i figli minori; mezzi di trasporto; mezzi di comunicazione) (cosi', tra le diverse, Sez. 6, n. 49755 del 21/11/2012, G., Rv. 253908; Sez. 6, n. 2736/09 del 13/11/2008, L., Rv. 242855)".

Quanto alla specifica violazione degli obblighi di somministrazione dei mezzi di sussistenza ai discendenti, occorre precisare che dottrina e giurisprudenza da tempo concordano nel ritenere che la fattispecie penale di cui all'art. 570 c.p. sussista in presenza di due elementi essenziali: la concreta capacità economica ed il regime di vita personale del soggetto obbligato e lo stato di bisogno dell'avente diritto alla somministrazione dei mezzi di assistenza. 

Quanto allo stato di bisogno dell'avente diritto, si è ritenuto che questo non possa essere desunto in via automatica dalla fissazione da parte del giudice civile dell'assegno di mantenimento, ma debba essere provato in concreto, in quanto la nozione civilistica di mantenimento, di cui agli artt. 143 e ss. c.c., è più ampia di quella di mezzi di sussistenza, richiamata dall'art. 570 c.p., che a seguito della pronuncia in esame non è più limitata a ciò che è indispensabile per la sopravvivenza vitale.

Ancora, secondo i maggiori interpreti non sarebbe idonea ad escludere lo stato di bisogno dell'avente diritto la circostanza che, in concreto, alla somministrazione dei mezzi di sussistenza provveda, in tutto o in parte, l'altro genitore con i propri mezzi o provvedano altri congiunti, atteso che tale sostituzione non esclude lo stato di bisogno in cui versa il soggetto passivo (al riguardo, si vedano anche Cass. n.27051 e Cass. n.220713/2001). 

Il reato non sarebbe, quindi, escluso dal fatto che altri individui (tenuti o meno) si sostituiscano al soggetto obbligato alla somministrazione, salvo che si provi che le difficoltà economiche di quest'ultimo corrispondono ad uno stato di indigenza economica incolpevole, tale da rendere impossibile, in tutto o in parte, l'adempimento dell'obbligazione civile derivante dallo status genitoriale, ai sensi degli artt. 143 e ss. c.c. (sul punto, si veda anche Cass. n.1283/2000). 

Quanto alla concreta capacità economica dell'obbligato, del resto, gli interpreti hanno evidenziato che la condizione socio-economica del soggetto obbligato può escludere l'antigiuridicità della sua condotta soltanto se quest'ultimo non sia rimproverabile a titolo di colpa (così, Cass. n. 230239/2004).

Sul punto, invero, la sentenza in parola afferma che "integra il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare il genitore separato che non adempie agli obblighi di versamento imposti dal giudice civile in favore dei figli minori, essendo escluso ogni accertamento in sede penale sulla effettiva capacita' proporzionale di ciascun coniuge di concorrere al soddisfacimento dei bisogni dei minori, e spettando al solo civile tale verifica, in quanto la disposizione incriminatrice si limita a sanzionare la condotta di inadempimento (cosi', tra le molte, Sez. 6, n. 46750 del 18/10/2012, C., Rv. 254273)".

Inoltre, ai fini della configurabilita' del delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare, "il soggetto obbligato in sede di separazione legale dei coniugi non ha la facoltà' di sostituire, di sua iniziativa, la somma di denaro stabilita dal giudice civile a titolo di contributo per il mantenimento della prole con "cose" o "beni" che, secondo una sua scelta arbitraria, meglio corrispondano alle esigenze del minore beneficiario, quali computer o capi di abbigliamento (Sez. 6, n. 8998 del 11/02/2010, B., Rv. 246413)".

Tale principio, allora, è espressione della parziale sottrazione alla sfera di autonomia delle parti delle conseguenze, economiche e non, derivanti dalla separazione dei coniugi, così come stabilite dal giudice in sede di separazione giudiziale o di omologazione, in un'ottica di tutela dei figli minori e in applicazione delle regole disposte agli artt. 147 e 316 c.c., in materia di doveri verso i figli e potestà genitoriale.

Martina Tosetti - Consulente legale 

Specializzata presso la SSPL Statale di Milano

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