Avv. Barbara Pirelli del Foro di Taranto; email: barbara.pirelli@gmail.com

Un caso interessante affrontato dal Tribunale Monocratico di Forlì, nella persona della dott.ssa Sonia Serafini (G.O.T.), riguarda la vicenda di una prostituta alla quale era stata contestata la contravvenzione di cui all'art. 2 comma 1 e 2 della legge n. 1423 del 27.12.1956.

Nei confronti della donna  il Questore della provincia di Forlì - Cesena aveva emesso un "foglio di via obbligatorio" in cui veniva inibita la possibilità di fare ritorno nel Comune di Cesenatico, senza preventiva autorizzazione, per un periodo di tre anni.

I Carabinieri della Compagnia di Cesenatico, però, effettuando controlli presso alcune persone che soggiornavano presso un Motel della zona, rinvenivano la donna a cui tre giorni prima era stato notificato il foglio di via obbligatorio.

La donna era conosciuta in zona perché più volte era stata vista su una strada statale in un "inequivocabile atteggiamento di meretricio".

Secondo il Questore il "foglio di via obbligatorio" si era reso necessario per il comportamento della donna che a suo dire avrebbe costituito un pericolo per la sicurezza e per la tranquillità pubblica.

A parere del giudicante però il Questore aveva valutato in maniera generica il comportamento della donna considerandolo un pericolo per la sicurezza e la tranquillità pubblica.

L'ordine di allontanamento della donna si era basato quindi unicamente sul rilievo che la donna esercitasse la prostituzione. 

Ma è possibile ravvisare pericolosità sociale nel semplice fatto che una donna svolga il mestiere della "lucciola"?

Secondo il magistrato no, perchè la prostituzione è una scelta di vita individuale e privata e "non assurge a pericolo in sé, salvo che non risulti oggettivamente e sicuramente dimostrato nel caso concreto (e qui non appare) motivo di allarme per la salute, per la moralità dei minori e per gli altri valori protetti dalla norma".

Nella parte motiva della sentenza, il magistrato spiega che il giudice penale non può sostituire la propria valutazione sul giudizio di pericolosità espresso dal Questore perché ciò costituirebbe un sindacato giurisdizionale di merito su un atto amministrativo (e come tale inammissibile). Il giudice può però sindacare la legittimità del provvedimento attraverso una verifica "della sua conformità alle prescrizioni di legge, tra le quali rientra l'obbligo di motivazione sugli elementi da cui viene desunto il giudizio di pericolosità del soggetto".

Sulla base di questo ragionamento la donna, dedita all'attività della prostituzione, e' stata assolta perché il fatto non sussiste.

Qui sotto in allegato il testo della sentenza.

Vai al testo della sentenza del Tribunale di Forlì
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