Avv. Francesca Ledda

Le controversie relative all'esistenza dell'obbligazione tributaria, alla quantificazione del dovuto ed alla relativa procedura competono alla giurisdizione tributaria, mentre, una volta che l'amministrazione finanziaria abbia formalmente riconosciuto il diritto al rimborso delle imposte indebitamente versate e il quantum della somma dovuta, il contribuente dispone dell'azione di ripetizione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., devoluta alla cognizione del giudice ordinario.
Tale principio, consolidato in giurisprudenza di legittimità, è stato affermato risolutamente dalle Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza n. 18120/2005, confermando l'orientamento emerso in altre pronunce.

La vicenda riguardava un contribuente che aveva agito in via monitoria nei confronti dell'Amministrazione finanziaria per ottenere il rimborso IRPEF relativo al 1991. Nel 1998, il Presidente del Tribunale di Firenze emetteva il decreto ingiuntivo, contro cui l'ufficio proponeva opposizione. Nel 2000, con la sentenza n. 2698, lo stesso tribunale respingeva l'opposizione e due anni dopo l'ufficio si rivolgeva alla Corte d'Appello di Firenze. Il contribuente proponeva appello incidentale
dolendosi della mancata condanna in primo grado dell'amministrazione al pagamento delle somme indebite. L'appello incidentale veniva accolto, mentre veniva rigettato l'appello principale. L'ufficio proponeva, quindi, ricorso in Cassazione, deducendo il difetto di giurisdizione del giudice ordinario (art. 360 n. 1 c.p.c. e art. 2 d. lgs. n. 546/1992) e ritenendo che la nota inviata al contribuente fosse una proposta di rimborso e non una ricognizione di debito da parte dello stesso ufficio. Il contribuente proponeva controricorso.
La Corte rigettava il ricorso richiamando in proposito l'orientamento già espresso dalle stesse sezioni unite nella sentenza n. 10725/2002, affermando la "giurisdizione del giudice ordinario ove l'amministrazione abbia comunque riconosciuto il diritto al rimborso e la quantificazione della somma dovuta, sì che non residuino questioni circa l'esistenza dell'obbligazione tributaria, il quantum del rimborso o le procedure con le quali lo stesso deve essere effettuato".
Per il collegio, dunque, occorre distinguere tra le controversie che vertono sull'esistenza o meno dell'obbligazione tributaria (an e quantum) e quelle in cui l'amministrazione ha formalmente riconosciuto il diritto al rimborso: nel primo caso, opererà la riserva della giurisdizione tributaria prevista dal d. lgs. n. 546/1992; nel secondo, invece, l'amministrazione sarà considerata alla stregua di un privato cittadino, per cui il diritto al rimborso del contribuente troverà la sua ragion d'essere nell'istituto civilistico dell'indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., in virtù del quale "chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato".
I suddetti principi hanno trovato terreno fertile anche nella giurisprudenza successiva, nella quale si è assistito ad un ulteriore ampliamento dello scenario favorevole al contribuente. In materia di rimborso Iva versata in eccedenza e trattenuta dal fisco, ad esempio, una recente sentenza della S.C. (la n. 20526/2013) ha previsto, oltre alla pacifica applicazione dell'istituto civilistico dell'indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., anche quella dell'arricchimento senza giusta causa ex art. 2041 c.c., allorquando il rigetto della richiesta di rimborso (come nel caso di pagamento non dovuto ed indebitamente trattenuto nelle casse statali), rappresenti un'ingiustizia giuridica e fiscale.
I giudici della S.C. hanno, inoltre, statuito che in materia di rimborso di imposte corrisposte in eccedenza (nel caso di specie, rimborso Iva) vige il termine decennale di prescrizione ex art. 2946 c.c. (v. Cass. n. 9816/2012; Comm. Trib. Reg. Lombardia, n. 83/2013).

Avv. Francesca Ledda


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