Di Laura Tirloni - Sebbene il cosiddetto taccheggio sia un tipo di furto presente da sempre, attualmente, nella società del consumismo e con lo sviluppo dei grandi magazzini e la progressiva diffusione del commercio secondo il modello del self-service, questa attività di tipo "predatorio" risulta essere in continuo aumento. Quasi un secolo fa, i taccheggiatori più scaltri venivano soprannominati come "Pelli scozzesi", in quanto gli uomini nascondevano le merci in grandi tasche all'interno dei mantelli, mentre le donne erano dotate di validi nascondigli sotto le gonne dove riporre le merci sottratte. In America il fenomeno è così diffuso che gli studi abbondano e già dal 1977 è nato un gruppo di auto-aiuto dei taccheggiatori anonimi, con finalità "rieducative". Secondo recenti studi italiani, tale tipologia di furto sarebbe messa in atto da un cliente su otto, soprattutto studenti, casalinghe e pensionati, almeno una volta nella vita.

I costi del fenomeno sono piuttosto ingenti e in continuo aumento e di norma vengono fatti rientrare nelle cosiddette "differenze inventariali". Del totale di tali perdite, si stima che il 45% sia dovuto al taccheggio da parte dei clienti, un 35% ai furti da parte dei dipendenti ed il restante 20% ad errori contabili. In ambito giuridico esistono in generale interpretazioni divergenti rispetto alla qualificazione del reato, che vanno dal furto aggravato al reato minore, da punire esclusivamente con sanzioni amministrative. Sempre secondo gli studi, le denunce da parte dei commercianti risultano piuttosto rare, mentre prevalgono le azioni preventive e di controllo del taccheggio, attraverso apparecchiature, allarmi e personale in borghese, i cui costi vengono ammortizzati mediante l'aumento dei prezzi, il che si ripercuote sul consumatore stesso. Dagli studi sul fenomeno emerge anche come il cliente, anche quando consapevole, tenda ad evitare di denunciare il taccheggiatore, mostrandosi in qualche modo collusivo. Tutto ciò avviene in un contesto in cui le Forze dell'Ordine sono impegnate a svolgere ben altre attività. Dall'analisi il taccheggio, più che un vero e proprio reato, sembra configurarsi come una sorta di "trasgressione", piuttosto comune e più o meno tollerata, riferita ad un'entità tutto sommato astratta (il grande magazzino) e non attuata ai danni di un singolo, con il quale sarebbe più facile identificarsi e solidarizzare. In altre parole, la clientela sottrae e la clientela paga le conseguenze, e ciò sembra chiudere il cerchio.

Quello che viene da considerare a questo punto è se non sia proprio tale atteggiamento a favorire il costante aumento del taccheggio, in quanto, pur esistendo le norme, queste non vengono quasi applicate, stimolando di conseguenza alla loro inosservanza. Tutto ciò renderebbe opportuna una nuova riflessione criminologica sul fenomeno, per stabilire l'opportunità di intraprendere misure di politica criminale e un'azione di sensibilizzazione dell'opinione pubblica a scopo preventivo, per approdare ad una maggiore educazione civica e favorire il rispetto delle norme sociali.

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