di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione prima, sentenza n. 6311 del 19 Marzo 2014. La precedente formulazione dell'art. 119 l. 151/1975 (legge di riforma del diritto di famiglia) prevedeva determinati poteri del giudice, limitati tuttavia al mantenimento, l'istruzione e l'educazione dei figli, nonché "per la tutela degli interessi patrimoniali di lui". Era escluso dalla lettera normativa tutto ciò che concerne propriamente il regime di affidamento del minore, dunque anche alle modalità e alla frequenza delle visite garantite al genitore non convivente. In questo senso tuttavia tale disposizione è stata integrata dal d.lgs. 154/2013, in vigore dal 7 Febbraio 2014, ed in particolare modificata dal suo art. 34. Oggi il giudice può quindi espressamente statuire in merito all'affidamento dei figli della coppia separata o divorziata. E' il principio di diritto enunciato dalla Cassazione nella sentenza in commento, relativamente alla presunta mancata adozione di provvedimenti idonei a statuire circa l'affidamento del figlio minorenne.

Nel caso di specie il padre naturale del minore, riconosciuto come tale in corso di causa di merito dal Tribunale dei Minori e condannato altresì alla corresponsione di assegno di mantenimento periodico, ha proposto ricorso in Cassazione lamentando, tra gli altri motivi, la mancata statuizione in punto affidamento del figlio. La Suprema Corte, dopo aver ricordato quanto sopra, fa tuttavia rilevare che nella fattispecie, nelle more del giudizio, un successivo decreto del Tribunale, a seguito della normativa sopravvenuta, aveva poi di fatto regolamentato l'affidamento del minore, rendendo quindi il ricorso privo del requisito fondamentale dell'interesse ad agire. Il ricorso è quindi rigettato. Qui sotto il testo della sentenza.


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