di Giuseppe Staffolani

Nei casi di conflitti genitoriali, generalmente, è sempre consigliabile una mediazione psicologica di coppia, poiché anche quando la crisi non è sanabile e occorre giungere alla separazione, l'intervento di uno psicologo può essere d'aiuto, sia per entrambi i contendenti che, soprattutto, nei riguardi dei minori incolpevoli che, loro malgrado, diventano le principali vittime della situazione conflittuale dei genitori, con gravi danni per il loro sviluppo psicofisico.

Purtroppo, infatti, nelle crisi di coppia scatta un meccanismo psicologico tale per cui ogni partner accusa l'altro di essere il principale responsabile del fallimento matrimoniale, o addirittura estende la responsabilità ai figli, colpevoli di aver danneggiato l'equilibrio preesistente della coppia stessa.

Il conflitto coniugale è, infatti, differente rispetto agli altri contenziosi, poiché le parti arrivano a formulare istanze o a cercare la separazione, o il divorzio, non soltanto per tutelare i propri diritti, ma anche per trovare un terzo neutrale che sancisca le ragioni dell'uno e i torti dell'altro, con l'obiettivo principale di dimostrare la colpa del fallimento matrimoniale attribuendola al partner e con la conseguenza che tutte le insoddisfazioni, i sentimenti di rabbia, rancore o delusione maturati persistono anche successivamente, rendendo tesi o addirittura impossibili i rapporti necessari tra i coniugi riguardo all'affido e al mantenimento dei figli.

Proprio per evitare che i conflitti tra i partner diventino una guerra infinita che andrebbe a danno soprattutto della prole, il nostro ordinamento ha introdotto lo strumento della mediazione familiare.
L'art. 337-octies c.c. (inserito dal D. Lgs. n. 154/2013 in sostituzione dell'art. 155-sexies) affida al giudice il compito, qualora ne ravvisi l'opportunità, di "consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell'interesse morale e materiale dei figli".
Il recente decreto n. 69/2013 (c.d. "decreto del fare" convertito in legge n. 98/2013), nel ripristinare il procedimento di mediazione obbligatoria, quale condizione per procedere alla domanda giudiziale, per determinati ambiti del diritto civile e commerciale, ha tuttavia lasciato alla volontà delle parti la decisione di ricorrere alla mediazione, preventiva o durante il processo, nei casi di conflitti coniugali (salvo che non venga disposta ex lege per ordine del giudice).
In ogni caso, la legge prevede che, una volta avviato il procedimento di mediazione, sia necessaria l'assistenza di un avvocato (mediatore di diritto), il quale avrà il compito di essere presente anche negli studi di psicomediazione familiare al fine di chiarire alla parte assistita le conseguenze giuridiche ed economiche della separazione in discussione e, ove la mediazione abbia successo, e si sottoscriva un accordo, verificarne la validità e presentarlo al giudice per l'omologazione.

Tuttavia, rivolgersi direttamente a un legale senza un preventivo intervento psicologico rappresenta già l'inizio di una "dichiarazione di guerra" per una separazione giudiziale che, anche se successivamente potrà convertirsi in consensuale, conserverà tutti gli attriti precedenti.

Il ruolo preventivo dello psicologo, invece, in qualità di terzo neutrale e grazie alle competenze derivanti dalla formazione professionale, con l'applicazione delle metodologie proprie della comunicazione e della negoziazione, potrebbe ridurre gli effetti distruttivi del conflitto, incentivare il dialogo e far mettere a fuoco i reciproci interessi, portando i membri della coppia al raggiungimento di un accordo durevole e rispondente ai bisogni di ogni componente del nucleo familiare, con particolare riguardo ai figli in uno spirito di corresponsabilità dei ruoli.
In tal modo, la mediazione rappresenterebbe, pertanto, uno strumento finalizzato a trasformare la negatività del conflitto in positività, e, in ogni caso, a ridurlo e a renderlo meno traumatico per tutto il nucleo familiare.

Viene sostenuta, quindi, da più parti, l'opportunità di dare maggiore risalto al percorso di mediazione psicologica, piuttosto che agli aspetti legali del conflitto. Ciò avviene, del resto, da tempo in molti Paesi europei, tra cui la Norvegia e la Gran Bretagna, dove la mediazione familiare è prevista obbligatoriamente e in via preventiva, sia per la coppia che per i figli, senza l'assistenza di alcun legale, con l'obiettivo di evitare il ricorso alla giustizia laddove le questioni possono essere risolte direttamente dagli interessati e di tutelare soprattutto i soggetti più deboli della vicenda.
Giuseppe Staffolani - Psicologo, specialista in problematiche familiari e scolastiche, con corsi di aggiornamento e formazione

Sito internet: www.studiostaffolani.it

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