di Massimiliano Sottile - Il contribuente non può essere destinatario  per ogni singolo periodo di imposta di più atti di rettifica della propria posizione contributiva, e questo grazie al principio dell'unicità dell'accertamento tributario che evita al cittadino (soggetto passivo d'imposta) di trovarsi in una situazione di oggettiva difficoltà determinata da una miriade di atti che renderebbero la difesa ardua. Il D.P.R. 600/73 prevede però due eccezioni al principio dell'unicità dell'accertamento tributario, l'accertamento parziale e l'accertamento integrativo (art. 41-bis e 43).

Non sempre l'operato del "Fisco" è immune da vizi e non sempre è scontato che da tali vizi ne derivi la nullità  o annullabilità dell'atto. Tralasciando in questa occasione l'aspetto della tutela del contribuente che può attraverso i modi previsti dal legislatore tutelare i propri interessi  dinnanzi le commissioni tributarie, pare utile approfondire come l'Agenzia delle Entrate può nel momento in cui viene a conoscenza di un vizio invalidante dell'atto rimediare agli errori commessi.

Lo strumento  per evitare l'inefficacia di un atto viziato, utilizzabile dall'Amministrazione Finanziaria, è la c.d. AUTOTUTELA SOSTITUTIVA  il cui limite di operatività viene stabilito da alcune pronunce della Suprema Corte (Corte Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 1333 del 17/03/1989).

I Giudici di piazza Cavour, hanno individuato seguenti presupposti:

1.rispetto dei termini decadenziali per l'accertamento;

2.la presenza di vizi formali nell'atto sostituito;

3.l'annullamento dell'atto impositivo precedente, ossia l'atto di primo grado, e la relativa comunicazione al contribuente;

4.l'osservanza di quanto statuito nell'eventuale giudizio di merito, avente ad oggetto l'atto sostituito.

Ben appropriato sovviene, all'argomento trattato, un orientamento della Suprema Corte che sostiene la legittimazione dell'Agenzia

delle Entrate ad annullare e riemanare i propri atti ritenuti illegittimi, al fine di sanare il relativo vizio (Corte di Cassazione sentenza n. 2424 03/02/2010).

L'autotutela sostitutiva, come affermato la Suprema Corte, è costituita da due fasi autonome ma funzionali (Corte di Cassazione, sentenza n. 21719, del 20/10/2011):

1. l'annullamento dell'atto viziato;

2. emanazione del nuovo atto emendato dai vizi.

La prima fase, l'annullamento dell'atto viziato, è necessaria per sia per evitare che l'atto venga annullato dal giudice per il vizio che ha indotto l'Agenzia a ricorrere all'autotutela, sia per evitare con il secondo provvedimento si verifichi una duplicazione di imposta che violerebbe il principio dell'unicità dell'accertamento tributario.

I vizi formali che possono trovar rimedio con tale strumento sono ad esempio, omessa indicazione dell'aliquota  o difetto di sottoscrizione, mentre non possono essere sanati con l'autotutela sostitutiva i vizi di merito (es. determinazione dell'imponibile o individuazione del contribuente). Non può essere utilizzata sia in caso di violazione del divieto di emissione dell'avviso di accertamento prima dei 60 gg. dalla notifica del PVC (art. 12, comma 7,della legga 27 luglio 2000, n. 212) sia qualora l'atto sia affetto da un vizio di motivazione. 

Alla luce di quanto sopra, l'Amministrazione Finanziaria non potrà mai ricorrere all'autotutela sostitutiva per rimediare ad errori di quantificazione delle somme dovute dal contribuente ossia come rimedio alla pretesa impositiva nel merito.

Dott.Massimiliano Sottile

e-mail:sottilemassimiliano@libero.it



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