di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione seconda, sentenza n. 5773 del 12 Marzo 2014. Nel caso di specie la Suprema Corte è chiamata a pronunciarsi circa l'applicazione dell'art. 1358 codice civile (Comportamento delle parti nello stato di pendenza), il quale dispone che nel caso in cui il promittente venditore si impegni in un'alienazione sottoposta a condizione sospensiva, in pendenza di questa, deve comportarsi secondo buona fede; deve cioè porre in essere tutti quei comportamenti necessari al fine del compiersi della stessa, salvo il sopravvenire di circostanze che ne impediscano la riuscita, circostanze sulle quali non vi può essere alcun oggettivo potere di controllo.

In pratica, si tratta di decidere - a fronte di domanda di risoluzione contrattuale con contestuale richiesta di risarcimento del danno avanzata dai promittenti acquirenti - la legittimità del comportamento mantenuto da un'impresa di costruzione circa il mancato rilascio di idoneo titolo abitativo da parte dell'amministrazione competente.

Nella controversia che ne deriva è il giudice che detiene il potere-dovere di verificare l'adeguatezza del comportamento delle parti secondo buona fede; tale potere discrezionale è sindacabile in sede di legittimità solo per violazione di legge o difetto di motivazione ove si rilevi che, in base agli elementi acquisiti in fase di merito, vi sia uno scostamento rispetto ad uno "standard esigibile di buona fede". Nel caso specifico, se i comportamenti adottati dal promissario venditore siano in concreto state idonee ad ottenere autorizzazione comunale di un progetto di lottizzazione, poi negata, altresì valutando se esistessero altre circostanze che giustificassero la desistenza o la mancata adozione delle predette iniziative.


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