La Corte di Cassazione, con sentenza n. 5179 del 5 marzo 2014, ha affermato che "la trasmissione di atti aziendali ad un difensore e la loro divulgazione sono condotte radicalmente diverse tra di loro" in quanto nel primo caso si radica l'informazione presso un professionista che è tenuto alla riservatezza ed anche, sul piano deontologico, ad informare il cliente sulle conseguenze di una diffusione ulteriore.

Nel caso di specie un dipendente, addetto al settore ufficio gare con funzioni di responsabilità, era stato licenziato per aver inviato dal computer dell'ufficio una email contenente in allegato oltre 200 files aziendali relativi a commesse ed appalti, La Corte territoriale ha ritenuto che il comportamento di trasmissione di files non può costituire un fatto così grave da essere sanzionato con il licenziamento per due concorrenti ragioni:

In primo luogo perché i files non risultano essere stati divulgati ma trasmessi al difensore e quindi destinati a rimanere in un ambito prestabilito di conoscenza limitato ad eventuali attività difensive del lavoratore. 

In secondo luogo perché la società non aveva offerto alcun elemento per comprendere la natura di tali documenti e quindi per "capire l'importanza dell'inadempimento posto in essere dal lavoratore".   

La Suprema Corte ha precisato che il giudice d'Appello non ha affatto operato un bilanciamento tra diritto alla difesa del lavoratore e diritto alla riservatezza dei documenti aziendali, ma sul mero piano della valutazione della gravità dei fatti si è limitata a considerare le circostanze del caso e cioè che i documenti erano stati trasmessi al solo difensore e che il loro contenuto non era stato in alcun modo ricostruito dalla società, sicché non si poteva pienamente giudicare sull'importanza dell'inadempimento contestato.  

La motivazione pertanto - affermano i giudici di legittimità - appare congrua e logicamente coerente; le censure invece sollevano questioni di ordine generale che la Corte territoriale non ha affatto sollevato essendosi limitata all'esercizio del compito di apprezzamento dei fatti contestati in sede di procedimenti disciplinari a carico di dipendenti, che è tipica del Giudice di merito, insindacabile come tale, purchè adeguatamente motivata come nel caso in esame, in sede di legittimità.

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