di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione prima, sentenza n. 5131 del 5 Marzo 2014. Quali sono i criteri, adottati dal giudice della separazione e del divorzio, per dedurre il tenore di vita dei coniugi, dunque procedere all'eventuale addebito di assegno di mantenimento

L'obbligo di corrispondere l'assegno di mantenimento insorge laddove il coniuge economicamente più debole, con le sue sole sostanze, non sia in grado di mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Tale verifica va effettuata dal giudice del merito, il quale procede all'esame degli elementi prodotti in corso di causa e rileva, ove presente, la sensibile differenza tra le potenzialità reddituali dei coniugi

Ma il giudice della separazione non ha poteri illimitati e non può pertanto porre a carico di uno dei due coniugi l'onere di versare il mantenimento senza che l'altro ne abbia fatto espressa richiesta.

Nel caso di specie infatti all'ex marito, beneficiario della casa coniugale, è stato imposto l'onere di versare il mantenimento alla ex moglie nonostante la stessa non ne avesse fatto domanda durante il giudizio di merito. "Inconferente è la deduzione della mancata richiesta da parte di (…) di assegno, in sede di separazione consensuale, atteso che la determinazione di assegno divorzile è indipendente dalle statuizioni patrimoniali operanti in vigenza di separazione dei coniugi". Un chiaro principio che fa emergere come il procedimento di divorzio

sia autonomo e indipendente rispetto a quello, precedente, di separazione, consensuale o giudiziale. Infatti "il diniego dell'assegno divorzile non può fondarsi sul rilievo che negli accordi di separazione i coniugi pattuirono che nessun assegno fosse versato dal marito per il mantenimento della moglie, dovendo comunque il giudice procedere alla verifica del rapporto delle attuali condizioni economiche delle parti con il pregresso tenore di vita coniugale".


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