Di Casimiro Mondino - La qualità di un sistema è direttamente proporzionale alla qualità delle garanzie che il sistema offre a tutte le proprie componenti.

Lo sviluppo di un settore come sistema specifico è inversamente proporzionale al livello di limitazioni che impone.

Ora non si prendano queste due dichiarazioni come una sollecitazione a perseguire una semplificazione liberista per il sistema giustizia, ma senza dubbio dare alle parti maggiori garanzie di risultato, di diritti e di informazioni non potrà che fare del gran bene alla giustizia ed al sistema paese.

Osservando la giustizia italiana un po' più da vicino mi ha dato modo in questi anni di rilevare delle discrasie, delle specificità che non sono pienamente comprensibili e che ad una disamina critica, anche se benevola, e puntuale rivelano alcune ragioni profonde dell'inefficienza del sistema che potrebbero essere corrette senza interventi onerosi dal punto di vista economico, ma non per questo meno impegnativi, ovvero con interventi sostanzialmente culturali.

LE CONSUETUDINI

In ogni settore la contiguità, l'abitudine, la reiterazione sistematica di attività instilla nell'ambito operativo consuetudini che progressivamente, se non si dispone dell'opportunità di un confronto esterno al sistema in cui si opera, inducono una sdrucitura della puntualità, della precisione e del rigore.

Vale per ogni attività ma vale in modo particolare per quelle attività in cui la verifica del risultato è meno agevole perché fondate sostanzialmente su attività intellettuali in cui il discernimento è fonte sostanziale per poter effettuare accertamenti e quindi per poter mantenere un contatto con il livello qualitativo reale in cui si sta operando risulta fondamentale il confronto con elementi esterni al sistema.

Ovvero quando il risultato di ciò che si fa non è tangibile, nitido, definito e specifico, è molto elevato il rischio di comprimersi in consuetudini che si schiacciano progressivamente verso il basso inducendo un'inesorabile dequalificazione.

Per poter contrastare questo naturale ed automatico declino, il confronto periodico, sistematico e continuo con elementi ed abitudini esterne è senza dubbio un ottimo rimedio perché permette di trovare spunti, critiche, idee, correttivi e quindi induce sia stimoli rigenerativi sia stimoli creativi, oltre che consentire di riallineare i riferimenti strutturali su cui costruiamo le nostre aspettative quotidiane.

Altro strumento molto efficace per contrastare il declino sono gli strumenti disciplinari se applicati con puntualità, severità e energia, che, intervenendo laddove vi sono devianze pericolose ed eccessive dagli standard di base necessari a garantire l'integrità del sistema stesso.

Nel sistema giudiziario, gli strumenti disciplinari si fondano sulle deontologie dell'ordine giudiziario e della progressione forense e su leggi specifiche.

Si deve ammettere che in entrambe le due componenti le azioni disciplinari ed i provvedimenti adottati sono senza dubbio hanno ampi margini di miglioramento sia in termini di risultato, ovvero di comminazione delle sanzioni, che di rapidità che di numero.

Intervenire in questo ambito può e chiedere una maggior efficienza, severità ed efficacia potrebbe far temere una devastazione irrisanabile, ma come si è già ampiamente dimostrato in molteplici altri settori la maggior severità, dopo un periodo iniziale di assestamento in cui, portando alla luce carenze e debolezze, impone un'indubbia flessione che affatica il sistema e ne esalta le criticità, poi progressivamente si risolve con una sistematica riduzione degli interventi ed un inarrestabile miglioramento in termini qualitativi di tutto il sistema.

Ovvero se ci sarà più severità disciplinare sia per i magistrati sia per i professionisti forensi, superata una fase iniziale di assoluta criticità poi ci sarà sia una innegabile crescita qualitativa sia un'innegabile crescita in termini di redditività, ovvero maggiori guadagni e minor carico di lavoro per tutti.

Questa severità disciplinare deve essere esercitata senza discrezionalità e deve poter essere attuata dalle parti in causa senza vincoli e senza limitazioni, ogni timore di esasperazione è storicamente infondato, infatti è nell'immediata disponibilità della conoscenza di ognuno di noi un immenso numero di esempi inoppugnabili che hanno confermato che le limitazioni generano distorsioni mentre la libertà genera equilibrio; basti pensare al proibizionismo, il divieto di consumare alcolici ha prodotto un arricchimento smodato della malavita, riduzione della qualità del prodotto, esasperazione del costo unitario, collateralità incontrollabili, rischi imprevedibili, onerosità eccessiva e fuori luogo rispetto ad una situazione di normalità; poi, liberalizzati gli alcolici non si sono mai verificate quelle prospettive terrificanti da molti prospettate ed il mercato degli alcolici ha prosperato.

Per cui non può che essere auspicabile sia un potenziamento degli interventi disciplinari sia un miglioramento qualitativo per potenziarne l'efficacia.

Ed ecco al punto oggetto di questa piccola riflessione, la ricusazione del giudice nel giudizio civile al fine di garantire un giusto processo di equa durata.

Innanzi tutto questa riflessione deve essere affrontata con uno sguardo non teorico-accademico, ma con lo sguardo consapevole di chi guarda il mondo reale e non si rifà ad un mondo teorico di costituito di perfezione platonica. Ovvero si deve partire dal principio che per i giudici, come per ogni altra figura professionale, esistono innumerevoli differenziazioni qualitative sia dal punto di vista psicologico-caratteriale sia dal punto di vista formativo-intellettuale, ovvero essendo esseri umani sono contrassegnati da ampie distinzioni e differenze che generano una naturale quanto doverosa ed ampia varietà tipologica. Come ogni individuo che assume incarichi complessi ed articolati, di responsabilità, ad alto contenuto intellettuale è ovvio, anche se è doveroso ribadirlo, che si ha un nucleo formativo omogeneo, stabile e distribuito che rende il ruolo, in se, efficace e credibile dal punto di vista dell'operatività.

Ma non si può ignorare che tale omogeneità riguarda un nucleo strutturale e non la totalità strutturale dell'individuo, quindi bisogna ammettere che si possono rivelare individui disallineati verso il basso in termini qualitativi che devono poter essere assoggettati a correttivi in tempi brevi che non danneggino ulteriormente chi è già gravato da questo disallineamento e ne subisce gli effetti profondamente negativi.

Ovvero può capitare che alcuni giudici non abbiano i requisiti che il ruolo gli impone e che possano incidere negativamente sul procedimento a danno di una parte o di entrambi le parti, ed il poter rimuovere tali distorsioni nel minor tempo possibile senza pregiudicare la natura, la sostanza e lo scopo del procedimento è cosa di notevole rilevanza.

Oggi l'articolo 37 del codice penale ricalca in linea di massima quanto disposto dall'articolo 52 del codice civile introducendo però un elemento d distinzione significativo ovvero la ricusazione non può essere proposta solo per le medesime ragioni di astensione ma anche per una violazione dei propri doveri quale l'aver manifestato indebitamente il proprio convincimento sui fatti oggetto di imputazione.

Mentre l'articolo 52 limita la possibilità di ricusazione ai soli elementi in cui è fatto obbligo di astensione ledendo nei fatti il diritto delle parti ad un giusto processo di ragionevole durata.

Quindi se le parti hanno l'occorrenza di doversi assoggettare ad una direzione del procedimento qualitativamente inferiore agli standard usuali non hanno, o meglio non avevano gli strumenti necessari a richiedere una valutazione specifica che accertasse l'eventuale disomogeneità correggendola in tempi rispettosi del principio "di ragionevole durata" previsto dalla costituzione.

Dal 2007, grazie al progredire del completamento dell'Unione Europea, è proprio grazie agli ordinamenti comunitari e precisamente grazie alla Carta dei diritti Europei, o Carta di Nizza, e grazie alla Carta Costituzionale che possiamo comare un aspetto lacunoso del nostro ordinamento nazionale grazie ad un ordinamento comunitario.

Ma vediamo in sequenza quali sono le basi normative che consentono di riconsegnare alle parti uno strumento essenziale di tutela di un diritto costituzionale qual'è il diritto ad un giusto processo.

Innanzi tutto dobbiamo affrontare un principio mutuato dalla Convenzione Europea dei diritti dell'Uomo e precisamente dall'articolo 6 CEDU che statuisce:

  • "ARTICOLO 6 - Diritto a un equo processo

  • Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti. La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l'accesso alla sala d'udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o parte del processo nell'interesse della morale, dell'ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la protezione della vita privata delle parti in causa, o, nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale, quando in circostanze speciali la pubblicità possa portare pregiudizio agli interessi della giustizia.

  • Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata.

  • In particolare, ogni accusato ha diritto di:

  • essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell'accusa formulata a suo carico;

  • disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la sua difesa;

  • difendersi personalmente o avere l'assistenza di un difensore di sua scelta e, se non ha i mezzi per retribuire un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d'ufficio, quando lo esigono gli interessi della giustizia;

  • esaminare o far esaminare i testimoni a carico e ottenere la convocazione e l'esame dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico;

  • farsi assistere gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua usata in udienza."

Il principio che ogni persona abbia diritto a che la sua causa sia  esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparzialepermette alle parti di chiedere la ricusazione anche per quei casi gravi ma non previsti dal nostro ordinamento quali sono le possibili consumazioni di illeciti disciplinari e che possono assolutamente ledere e profondamente i diritti delle parti.

Molti hanno cercato di applicare i principi espressi nell'articolo 6 della CEDU, in base all'articoli 11 della Costituzione che recita:

Art. 11.

L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

L'art. 11 Cost., consentendo una limitazione alla sovranità nazionale in condizioni di parità con gli altri stati, qual'è quella che si concretizza con l'Unione Europea, dà il fondamento costituzionale al principio che consente alle norme comunitarie di «avere piena efficacia obbligatoria e diretta applicazione in tutti gli Stati membri, senza la necessità di leggi di ricezione e adattamento, come atti aventi forza e valore di legge in ogni Paese della Comunità, sì da entrare ovunque contemporaneamente in vigore e conseguire applicazione eguale ed uniforme nei confronti di tutti i destinatari».

Questo interessantissimo principio a cui molti hanno fatto ricorso per cercare di ottenere una ricusazione per motivi non previsti e compresi nelle ragioni di astensione obbligatoria, che sono assolutamente limitativi ed insoddisfacenti in relazione alle reali necessità che si possono presentare nella pratica, non trovava purtroppo legittima applicabilità nel nostro ordinamento perché , la Convenzione Europea dei diritti dell'Uomo è un complesso di norme che «pur rivestendo grande rilevanza, in quanto tutelano e valorizzano i diritti e le libertà fondamentali delle persone, sono pur sempre norme internazionali pattizie, che vincolano lo Stato, ma non producono effetti diretti nell'ordinamento interno, tali da affermare la competenza dei giudici nazionali a darvi applicazione nelle controversie ad essi sottoposte, non applicando nello stesso tempo le norme interne in eventuale contrasto»

Per cui essendo norme internazionali pattizie e non norme dell'ordinamento europeo, per poter essere applicate all'ordinamento nazionale devono fare ricorso ad una sentenza della Corte Europea quindi seppur efficaci ed esaurienti dal punto di vista contenutistico non lo risultano altrettanto dal punto di vista cronologico.

Questo fino al 2009 quando il Consiglio di Stato (sez. IV) n. 1220 del 2010, ha stabilito che:

"La Convenzione edu è divenuta direttamente applicabile nel sistema nazionale, a seguito della modifica dell'art. 6 del Trattato, disposta dal Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre 2009"

posizione poi definitivamente confermata dall'entrata in vigore de "La carta dei diritti europei", o carta di Nizza, che essendo una raccolta di norme comunitarie trova piena applicazione nell'ordinamento nazionale, come confermato anche dalla Corte di Cassazione, III sez. civile, 2 febbraio 2010, n. 2352

"La Carta di Nizza, recepita dal Trattato di Lisbona, [è] diritto vigente anche per l'Italia";

La Carta dei diritti fondamentali dell'unione europea, all'articolo 47 recita:

Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale

Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell'Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo.

Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare.

A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato, qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia.

Quindi poiché la Carta riconosce alla persona il diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge fornisce gli strumenti necessari a poter presentare legittimamente una ricusazione del giudice civile per motivi diversi e ben più efficaci, per la tutela del diritto costituzionale ad un giusto processo, di quelli consentiti dall'articolo 51 in relazione ai motivi obbligatori di astensione


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