di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione lavoro, sentenza n. 3027 dell'11 Febbraio 2014. Gli obblighi di risarcimento del danno posti a carico del datore di lavoro nei confronti del dipendente hanno natura retributiva limitatamente alla qualità dell'inadempimento del primo soggetto, in particolare con riferimento alla mancata corresponsione dei compensi dovuti al lavoratore. Al contrario, il risarcimento del danno dovuto per inadempimento di altri obblighi gravanti sull'azienda, sebbene dovuti in ragione del rapporto di lavoro, non hanno natura retributiva poiché di tale natura non era l'obbligazione d'origine. Questo il principio espresso dalla Suprema Corte nel caso in oggetto, il quale affronta la questione della sottoposizione a rivalutazione monetaria di quanto dovuto nell'uno e nell'altro caso.


Nella sentenza in commento il giudice del merito dichiarava l'illegittimità della clausola di scadenza del contratto di impiego di un dipendente di Poste italiane, condannando quest'ultima all'assunzione a tempo indeterminato nonché al pagamento di otto mensilità a titolo di risarcimento del danno. "Le attribuzioni patrimoniali che il lavoratore riceve" - come nel caso di cui all'art. 32, comma 5, L. n. 183/2010 (articolo che prevede, nel caso di conversione di contratto da tempo determinato a indeterminato, il pagamento di una "indennità onnicomprensiva") - a titolo di risarcimento del danno per violazione degli altri obblighi del datore" non hanno natura retributiva, dunque non sono suscettibili di rivalutazione monetaria.

"L'indennità in esame rappresenta infatti il ristoro (seppure forfettizzato e onnicomprensivo) dei danni conseguenti alla nullità del termine apposto al contratto di lavoro, relativamente al periodo che va dalla scadenza del termine alla data della sentenza di conversione del rapporto".


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