Se i Paesi Bassi sono stati i pionieri del matrimonio gay nel 2001, a ruota molti Stati della vecchia Europa hanno rotto i tabù: dal Belgio, alla fredda penisola scandinava, all'Islanda, fino alla cattolica Spagna e al Portogallo. 

Al coro si è unita di recente la Francia che, dopo essersi spaccata in due tra sostenitori e detrattori, è diventata la quattordicesima nazione ad estendere l'istituto del matrimonio alle coppie dello stesso sesso, consentendo anche la possibilità di adottare figli e, infine, il Regno Unito. 

Ma, anche dal resto del mondo continua a prevalere il sì all'unione civile omosessuale. Legalizzata in Canada sin dal 2005 è consentita, tra gli altri, anche in Argentina, in Brasile, in Sudafrica, mentre negli Stati Uniti dove fino allo scorso anno erano diciassette gli Stati che avevano deciso in autonomia di far contrarre matrimonio alle coppie dello stesso sesso, dopo la sentenza della Corte Suprema, l'unione gay è prevista anche a livello federale. Paesi, com'è evidente, con sistemi giuridici basati sulla Common Law, ma tanti che affondano le radici nella Civil Law, e, quindi, con diritti codificati. 

A rimanere fuori classifica, è l'Italia dove, proprio in questi ultimi questi giorni, la querelle sulle nozze gay ha acceso gli animi di parte della maggioranza. 

In realtà, i tentativi di portare in Parlamento il problema della regolamentazione delle convivenze sono stati diversi negli anni, a partire da patti più o meno privatistici sino a veri e propri progetti di legge. Ad oggi, un nulla di fatto, dovuto principalmente al timore che l'approvazione delle nozze gay costituisca il primo passo verso il riconoscimento dell'adozione e, soprattutto, a ragioni di carattere religioso che nulla hanno a che vedere con le unioni civili.

Ma, intanto, il consenso sociale è in crescita e sul legislatore pesano sempre di più i moniti del giudice delle leggi (già nella sentenza

n. 138/2010, la Corte aveva affermato che una coppia omosessuale ha diritto di avere riconoscimento giuridico dell'unione con connessi diritti e doveri, rinviando al Parlamento per l'individuazione delle apposite forme di garanzia), della Cassazione e gli appelli delle corti di merito che si trovano nell'incapacità di decidere di fronte ai ricorsi delle coppie omosessuali. Di fatto, in Italia i matrimoni gay non sono espressamente previsti dal codice civile né dalla Costituzione. Ma non sono neanche espressamente vietati. Anzi, la carta costituzionale tutela esplicitamente ogni individuo secondo principi di uguaglianza e riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, lasciando ampia libertà al legislatore. Per non parlare delle convenzioni internazionali che vietano ogni discriminazione fondata sull'orientamento sessuale nel diritto ad avere una famiglia. E se il diritto è lo specchio della società civile, la strada è inevitabilmente tracciata. 

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