di Luigi Del Giudice - Il delitto di omissione di soccorso previsto dall'articolo 593 del codice penale,  è imputabile soltanto a titolo di dolo.
In tal senso, affinchè tale omissione possa ritenersi volontaria è dunque necessario che l'agente si sia effettivamente rappresentato la situazione di pericolo come tale. Deve pertanto reputarsi escluso il dolo, anche solo nella forma eventuale, qualora l'omissione del soccorso sia dovuta ad un errore (ancorchè colposo) compiuto dallo stesso agente in ordine alla valutazione della reale natura della situazione percepita attraverso i propri sensi. 

E parimenti non può ritenersi integrato l'elemento soggettivo del reato in contestazione qualora lo stesso agente, pur avendo riconosciuto la situazione di pericolo, abbia poi errato nell'elezione delle modalità di soccorso che pure abbia posto in essere.

Sulla base di quanto esposto la Cassazione con sentenza  13310 del 21 Marzo 2013, ha ritenuto non sussistere a carico del docente il reato di omissione di soccorso nei confronti di un minore infortunatosi allo sterno svolgendo un esercizio ginnico nel corso di una lezione di educazione fisica dalla stessa condotta.
In particolare la Suprema Corte,  ha ritenuto che non è possibile fondare il giudizio sulla colpevolezza del docente, semplicemente sulla base della  sottovalutazione da parte della medesima della situazione di pericolo pure percepita,  ovvero l'elezione di errate modalità di soccorso per arginarla.

Nel caso di specie, pertanto  non si può ritenere sussistere il dolo sulla base del fatto che:

- le modalità con cui il minore si era infortunato imponevano una particolare attenzione nella sua assistenza, essendo l'incidente conseguito allo svolgimento di un esercizio ginnico che implicava l'esecuzione di una capriola, coinvolgendo dunque parti particolarmente sensibili del corpo;

- al persistente dolore e alle difficoltà respiratorie lamentati dal minore non corrispondevano ferite evidenti, circostanza che avrebbe dovuto allarmare il docente, facendogli sospettare la gravità dell'infortunio, rivelandole l'insufficienza delle cure pure prontamente prestate e concretizzatosi nella prestazione di un massaggio e nel far riposare il bambino;

- il docente avvertì dell'accaduto al termine della lezione sia le insegnati delle ore successive, chiedendo loro ti tenere sotto controllo il minore, sia la direttrice della scuola, segno evidente che ella si era resa conto della gravita della situazione e del carattere non risolutivo delle cure prestate.

Le motivazioni di cui sopra sono pertanto idonee a sostenere al più un giudizio di rimproverabilità del docente per non aver saputo riconoscere l'effettiva entità del pericolo in cui versava il minore e per non adottato misure adeguate a fronteggiarlo a causa della propria imprudenza, negligenza o imperizia, ma non già l'affermazione della volontarietà dell'omissione delle corrette modalità di soccorso nella consapevolezza della loro necessità.

Dott. Luigi Del Giudice

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