di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione lavoro, sentenza n. 161 dell'8 Gennaio 2014. Nel regolamentare l'utilizzo da parte delle aziende alla tipologia di lavoro temporaneo (nella specie di lavoro interinale, cioè con l'intervento di un soggetto terzo - agenzia di lavoro interinale - tra lavoratore e impresa utilizzatrice) il legislatore richiede determinate accortezze al fine di tutelare la posizione del contraente debole del rapporto, il lavoratore appunto. Per essere legittimo, il contratto di lavoro interinale deve prevedere nel proprio testo l'elenco dei casi in cui, sulla base dei contratti collettivi di lavoro stipulati dall'impresa utilizzatrice, è possibile fare ricorso a prestazioni di lavoro temporaneo. L'interesse alla flessibilità dell'offerta incontra il limite della salvaguardia dei diritti fondamentali dei lavoratori.

Nel caso di specie, difettando il contratto di tale requisito fondamentale, il giudice del lavoro ha ritenuto illegittimo l'impiego temporaneo di forza lavoro, con la conseguenza che il lavoratore stesso sarebbe dovuto essere regolarizzato con un contratto di lavoro a tempo indeterminato. In questo caso, secondo la Suprema Corte - chiamata a pronunciarsi a seguito di ricorso proposto dal lavoratore, a seguito di un primo accoglimento della domanda in primo grado, soluzione ribaltata in appello - è applicabile il disposto della legge 196/1997 (norme in materia di promozione dell'occupazione) secondo il quale il contratto

di lavoro stipulato con l'azienda interposta si considera invece stipulato direttamente con l'azienda utilizzatrice, trasformando lo stesso in ordinario contratto di lavoro a tempo indeterminato. Ciò avviene quando la causale del contratto di somministrazione non risulta controllabile a posteriori, poiché per sua natura il contratto di lavoro interinale ha natura causale.


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