di Marco Massavelli - Corte di Cassazione Civile, sezione VI, sentenza n. 24886 del 6 novembre 2013. L'impugnazione della sentenza, avente ad oggetto la liquidazione del danno extracontrattuale compiuta dal giudice di primo grado, attribuisce al giudice d'appello il potere-dovere di riesaminare ex novo tutte le componenti del danno medesimo. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione Civile, con la sentenza 6 novembre 2013, n. 24886, richiamando quanto già affermato dalla Sezioni Unite Civili con la sentenza n. 8520/2007.

Come si legge in sentenza, la formazione della cosa giudicata, per mancata impugnazione su un determinato capo della sentenza investita dall'impugnazione, può verificarsi soltanto con riferimento ai capi della stessa sentenza

completamente autonomi, in quanto concernenti questioni affatto indipendenti da quelle investite dai motivi di gravame, perché fondate su autonomi presupposti di fatto e di diritto. Di conseguenza deve affermarsi che non incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice di appello che, investito del riesame dei criteri di liquidazione del danno, provveda a rideterminare il contenuto complessivo, e nello specifico, la sussistenza e l'entità delle sue varie componenti, poiché per "capo autonomo della sentenza" deve intendersi solo quello che risolve una questione dotata di una propria individualità e autonomia.

Non può riscontrarsi alcuna violazione o falsa applicazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, dal momento che il giudice di rinvio, nell'esercizio legittimo delle sue prerogative, si è limitato ad accogliere l'appello incidentale, conseguente alla cassazione parziale della precedente sentenza di secondo grado, accertando il pregiudizio in concreto subito dall'appellante incidentale per aver ricevuto un'opera di minor valore rispetto a quanto pattuito in conseguenza del vizio di mancata coibenza termica.


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