di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Penale, sezione terza, sentenza n. 44422 del 4 Novembre 2013. Uccide il gatto del vicino con un colpo di carabina poiché l'animale lo infastidiva. Nel caso in oggetto, dalla fattispecie chiara ed incontrovertibile, oltre all'integrazione del reato di maltrattamento di animali previsto dall'art. 544 del codice penale

, la Suprema Corte ha altresì ravvisato la presenza dell'aggravante della non necessità della condotta, pur prendendo in considerazione l'ipotesi di "una reazione dell'imputato a situazione di fastidio". Al contrario la difesa dell'imputato ricorrente si basava sulla circostanza dell'occasionalità della condotta: a prescindere dal danno e dai comportamenti tenuti dall'animale, quand'era in vita, controparte non avrebbe saputo dimostrare la ripetitività dell'atto offensivo, non potendo di conseguenza il giudice ragionevolmente prevedere un probabile ripetersi del comportamento doloso.

Di opinione diametralmente opposta è tuttavia la Cassazione, la quale, seppur non raggiunta piena prova, dagli elementi emersi nel corso del giudizio ha ravvisato un aggravarsi in crescendo dell'atteggiamento di ostilità covato dall'imputato nei confronti dell'animale, culminato nel suo provocato decesso. Spiega la Corte che il giudice del merito "ha complessivamente ricostruito il fatto nella prospettiva di una ripetizione di condotte aggressive che hanno in ultimo condotto alla morte di un animale". Seppur limitandosi ad un pena pecuniaria, viene quindi confermata l'ammenda di settemila euro già irrogata dal giudice del merito, senza alcuna possibilità di applicazione di attenuanti di sorta.



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