Il seme della gelosia: si configura "la violenza privata aggravata" per il marito che perde la testa per la gelosia e impone alla moglie di tagliarsi i capelli.

"Che cosa conta se tu sei solo mia......

E non andare via neanche con lo sguardo, quando mi siedi accanto...

Perché senz'altro! Senz'altro che sei mia....e di chi altro...."

Queste strofe appartengono ad un famoso brano di Vasco Rossi: "il Tango della gelosia" che riassume in poche parole quelli che sono i pensieri, a dir poco, deliranti di uomini gelosi che, spesso, esercitano sulle proprie compagne  un illegittimo diritto di possesso.

Tra " i virus" che possono colpire la salute sentimentale di una coppia, sicuramente quello della gelosia e' uno dei più letali perché purtroppo, a volte, questi atteggiamenti di gelosia fuori controllo possono non solo concretizzarsi in maltrattamenti di varia natura, nei confronti del proprio partner ma, nei casi più gravi, possono finanche concludersi in gesti omicidiari.

Ma, come tutti gli sbagli, anche la gelosia si paga e a dirlo e' proprio una recente sentenza la n. 10413/13, pubblicata il 6 marzo dalla quinta sezione penale della Cassazione.

Si configura la "violenza privata aggravata "per il marito che perde la testa per gelosia e impone alla moglie di tagliarsi i capelli.

Ai sensi dell'art. 610 Codice Penale commette il reato di violenza privata:

"Chiunque, con violenza  o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni.

La pena è aumentata  se concorrono le condizioni prevedute dall'articolo 339 c.p.

(che prevede le circostanze aggravanti).

Nella vicenda in oggetto, il marito dopo una lite di gelosia imponeva  alla moglie il taglio dei capelli brandendo come arma un paio di forbici. Quindi, in questo caso il reato di "violenza privata" e' aggravato dall'uso delle forbici.

La gelosia non risparmia davvero nessuno e, a volte, può lambire anche la vita di uomini che sono tenuti a far rispettare la legge; questa incresciosa vicenda ha, infatti, come protagonista un carabiniere che in preda all' ira della gelosia aveva non solo distrutto i cellulari della sua compagna ma brandendo delle forbici aveva  obbligato la donna a tagliarsi i capelli, non accettando il suo aspetto troppo vistoso.

Il militare aveva cercato di difendersi sostenendo che l'episodio era avvenuto nel quadro di un chiarimento su di un presunto tradimento: era volato perfino un pugno, come aveva ammesso lo stesso imputato, ma su questo episodio la moglie aveva sorvolato evitandogli la querela.

L'uomo aveva cercato di ridimensionare l'episodio invocando la configurabilità della fattispecie più lieve di minaccia o ingiuria.

E' stata, però, esclusa l'ipotesi più lieve della minaccia perché l'umiliazione è inflitta con la forza e si risolve in un'intollerabile compressione della libertà morale.

La Suprema Corte, dunque, non ha accolto il ricorso dell'imputato ritenendo condivisibile la decisione del giudice del merito sul reato di violenza privata aggravata.

In buona sostanza, non è stato punito il semplice atto di umiliazione della persona offesa ma quello posto in essere facendo ricorso alla violenza o alla minaccia; dunque, l' imposizione di un comportamento o di una omissione viola la libertà morale di un soggetto.

Gli ermellini hanno anche condiviso l'aumento di pena relativo alle aggravanti. 

Barbara PirelliAvv. Barbara Pirelli del Foro di Taranto - profilo e articoli
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