di Marco Massavelli - Corte di Cassazione Civile, sezione I, sentenza n. 21334 del 18 settembre 2013. L'art. 155-quater, codice civile, (introdotto dalla legge 8 febbraio 2006, n. 54, in sostituzione del previgente art. 155, comma 4) prevede che il godimento della casa familiare

è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli. Tale principio ha una ratio di protezione nei confronti di questi ultimi, tutelandone l'interesse a permanere nell'ambiente domestico in cui sono cresciuti. Tale ratio protettiva è evidentemente configurabile solo con riguardo ai figli minorenni o non economicamente autosufficienti, non ponendosi altrimenti alcuna esigenza di speciale protezione. Dunque, ai fini dell'applicazione di quanto previsto dalla norma, sono da rilevare le potenzialità reddituali dei figli maggiorenni, anche se le figlie, giudicate, appunto, economicamente autosufficienti, convivano con la madre (nella specie, la figlia trentenne aveva lasciato gli studi da dodici anni ma, avendo svolto pratica professionale presso uno studio commerciale, aveva tali potenzialità). Lo ha deciso la Corte di Cassazione Civile, con sentenza 18 settembre 2013 n. 21334.

L'interesse dei figli non giustifica, quindi, in ogni caso, l'assegnazione della casa familiare.

Art. 155-quater.
Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza.

Il godimento della casa familiare

è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli. Dell'assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l'eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell'articolo 2643.

Nella determinazione dell'assegno di separazione a favore della moglie, a norma dell'art, 156, codice civile, inoltre, deve tenersi conto esclusivamente del reddito del marito, tralasciando, se indicati in maniera generica dalla ricorrente, eventuali altri elementi di giudizio quali il tenore di vita, il patrimonio, le entrate correnti, le disponibilità di quote societarie, le proprietà mobiliari e immobiliari dell'obbligato.

Art. 156.
Effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra i coniugi.

Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall'altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri. L'entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell'obbligato.

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