di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile a Sezioni Unite, sentenza n. 20815 dell'11 Settembre 2013. Importante pronuncia della Cassazione a sezioni unite circa un caso di responsabilità disciplinare del magistrato. Nel caso di specie un giudice di Tribunale viene accusato di aver omesso il deposito di svariati atti, tra i quali numerose sentenze in qualità sia di giudice monocratico che collegiali e svariate ordinanze. Sottoposta a procedimento disciplinare e condannata, l'interessata propone ricorso in Cassazione.

Il giudice, nel periodo contestato, sarebbe infatti rimasta assente causa maternità. Oltre il relativo periodo previsto per legge, la resistente avrebbe prolungato la sua assenza sulla base delle tutele garantite dalla disciplina relativa ai congedi parentali. Lamenta che il principio per cui occorre rendere compatibile l'impegno lavorativo rispetto alle esigenze del bambino minore dei tre anni di età sia stato disatteso dalla decisione disciplinare. La sezione disciplinare, nell'adottare la propria decisione, avrebbe posto il relazione la gravità dei ritardi (violanti il principio del giusto processo) all'esigenza soggettiva di giustificazione della resistente. Di conseguenza, ne ha desunto che "la giustificazione, pur possibile, può scaturire soltanto da una o più circostanze eccezionali e transitorie".

La Suprema Corte individua nella sentenza

impugnata profili di illegittimità. La sezione disciplinare non avrebbe infatti tenuto in debito conto la situazione soggettiva dell'incolpata, mettendola adeguatamente in relazione alla normativa a tutela prevista dal nostro ordinamento. "Nell'impostazione della sentenza la maternità appare infatti assunta come fatto episodico, risolvente all'atto della nascita del bambino, e quindi assimilabile a qualunque malattia, idonea soltanto a giustificare il mancato deposito nei periodi strettamente connotati dal divieto legislativo di prestare l'attività lavorativa o nel breve periodo equiparato". Mentre in realtà "i congedi parentali
, secondo le modalità stabilite nello stesso articolo, per ogni bambino nei primi suoi otto anni di vita, riconoscendo in particolare alla madre lavoratrice il diritto di astenersi dal lavoro, trascorso il periodo di congedo di maternità, per un periodo continuato o frazionato non superiore a sei mesi". La normativa relativa al congedo parentale trova fondamento a livello europeo, precisamente nella Direttiva 96/34 CE del 3 Giugno 1996.

Conclude la Corte evidenziando come "dal complesso delle iniziative assunte negli anni dal CSM emerge con immediatezza l'impegno dell'organo di autogoverno a dare attuazione agli istituti posti a tutela della maternità, allo scopo di offrire alle donne magistrato pari opportunità nello sviluppo della loro professionalità". La Suprema Corte si schiera decisamente a favore della tutela della maternità e della famiglia, nonchè della parità professionale e sostanziale tra uomo e donna.

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