di Luigi Del Giudice - La giurisprudenza amministrativa maggioritaria si è a lungo interrogata per cercare di ricondurre ad unità la molteplicità di concetti in astratto sussumibili nel termine "ristrutturazione edilizia". Essa è sostanzialmente pervenuta ad una distinzione fondata su una tripartizione.
E' stata riconosciuta la possibilità di una ristrutturazione c.d. "pesante" ex art. 10 comma 1 lett. c che comporti modifiche di volume: la giurisprudenza più recente cerca tuttavia di "contenere" sotto il profilo quantitativo detti incrementi ( ex multis si veda T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, 27-08-2012, n. 1470 "nonostante l'art. 10, comma 1, lett. c), del d.p.r. n. 380/2001 -T.U. Edilizia- preveda la possibilità di ristrutturazioni che comportino modifiche di volume -cosiddetta ristrutturazione pesante-, ciò non significa che qualsiasi ampliamento di edifici preesistenti debba essere automaticamente ascritto alla fattispecie della ristrutturazione: qualora si ammettesse la possibilità di un apprezzabile aumento volumetrico dell'edificio ai sensi dell'art. 10, comma 1, lett. c), del d.p.r. n. 380/2001 verrebbe meno la linea di distinzione tra ristrutturazione edilizia e nuova costruzione. Pertanto costituiscono ristrutturazione edilizia unicamente gli ampliamenti di modesta entità.
Accanto a questa - e per differenza - è stata individuata la categoria della ristrutturazione "lieve": essa ricorre quindi allorchè non siano in programma ampliamenti volumetrici. Si è peraltro chiarito che (T.A.R. Campania Salerno Sez. I, 24-09-2012, n. 1683 ) "il mutamento di destinazione d'uso di una porzione dell'immobile, portando ad un organismo in parte diverso dal precedente e contribuendo ad aumentare il carico urbanistico, deve ritenersi rientrante nell'ambito della categoria della "ristrutturazione edilizia", come si evince dall'esplicito riferimento a tale tipologia di intervento presente nell'art. 10, comma 1, lett. c), d.p.r. n. 380/2001 ". Inoltre, e per quel che più interessa nell'ambito del presente procedimento, è stata considerata riconducibile al concetto di "ristrutturazione" ex art. 3 lett. d del D.P.R. 6-6-2001 n. 380 anche la demolizione e ricostruzione di un edificio preesistente. Ciò -è bene sottolinearlo- integra una deviazione "concettuale", peraltro espressamente voluta dal Legislatore: se di regola la ristrutturazione postula il ripristino dell'esistente, in tale ultimo caso l'esistente viene meno.
In ordine al concetto di "ciò che è esistente e si può quindi ristrutturare" la giurisprudenza è peraltro concorde nell'affermare che (T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, 13-06-2012, n. 581) "il concetto di ristrutturazione edilizia postula necessariamente la preesistenza di un fabbricato da ristrutturare, ossia di un organismo edilizio dotato di muraperimetrali, strutture orizzontali e copertura, con la conseguenza che la ricostruzione su ruderi o su un edificio che risulta da tempo demolito anche se soltanto in parte, costituisce a tutti gli effetti una nuova opera, che, come tale, è soggetta alle comuni regole edilizie e paesaggistiche vigenti al momento della riedificazione.".
Ciò premesso, e soffermandosi sulla terza fattispecie di ristrutturazione edilizia sinora menzionata (id est: demolizione e ricostruzione di un edificio preesistente) la giurisprudenza si è interrogata in ordine alla possibilità, sulla base della legislazione nazionale, di un ampliamento concettuale di quest'ultima, sino ad ammettere che essa possa implicare modifiche a volume, sagoma, ed area di sedime.
La giurisprudenza maggioritaria ha fornito tassativa risposta negativa al quesito in ultimo formulato: si è condivisibilmente affermato infatti, ancora di recente, che "costituiscono ristrutturazione urbanistica sia la trasformazione degli organismi edilizi con un insieme sistematico di opere che possono portare anche ad un organismo in tutto od in parte diverso dal precedente, sempre che detti interventi riguardino solo alcuni elementi dell'edificio (ripristino o sostituzione di alcuni elementi costituitivi dell'edificio; eliminazione, modifica e inserimento di nuovi elementi o nuovi impianti), sia la demolizione e ricostruzione, sempre che ciò avvenga con la stessa volumetria e sagoma. Laddove invece vi sia un mutamento della sagoma, debbono ravvisarsi gli estremi della nuova costruzione" (Cons. Stato Sez. IV, 12-02-2013, n. 844). (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 3456, del 25 giugno 2013).

Luigi Del Giudice
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